Rapporti di lavoro

Licenziamento illegittimo con sanzioni variabili in base alle dimensioni aziendali e all’anzianità del lavoratore

La reintegra è sempre esclusa nelle aziende sotto i 15 dipendenti. Nelle aziende più grandi, le decisioni dei giudici devono tenere conto di diversi fattori

di Marcello Floris

Le conseguenze della dichiarazione di illegittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono varie, in virtù della complessità del nostro sistema, delle riforme introdotte dalla legge 92/2012, dal Dlgs 23/2015 sul contratto a tutele crescenti, di recenti interventi legislativi e pronunce della Corte Costituzionale.

Aziende con meno di 15 dipendenti

Se il datore di lavoro ha meno di 15 dipendenti, è esclusa la reintegrazione e il lavoratore licenziato può essere risarcito con un’ indennità che va da 2,5 a 6 mensilità della retribuzione globale di fatto. Se il lavoratore è stato assunto dopo il 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Dlgs 23/2015) l’indennità va da 3 a 6 mensilità della retribuzione per il calcolo del Tfr, senza contributi.

Aziende con più di 15 dipendenti

Se il datore di lavoro ha più di 15 dipendenti e il lavoratore è stato assunto prima del 7 marzo 2015, in caso di inesistenza del motivo di licenziamento (ad esempio: soppressione di una posizione lavorativa che invece continua a essere ricoperta da un altro dipendente) si potrebbe avere la reintegra e il pagamento di un’indennità di 12 mensilità della retribuzione globale di fatto, con i contributi previdenziali.

In alternativa, a discrezione del giudice, il rapporto è risolto e il datore è condannato al pagamento di un’indennità da 12 a 24 mensilità della retribuzione globale di fatto. La misura è stabilita dal giudice sulla base di anzianità del lavoratore, numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti, con onere per il giudice di specifica motivazione. Tale sanzione si applica anche in tutti gli tutti gli altri casi di illegittimità (ad esempio: mancato assolvimento dell’obbligo di repêchage).

Se il lavoratore è stato assunto dopo il 7 marzo 2015 il rapporto è risolto e il datore è condannato al pagamento di una indennità tra 6 e 36 mensilità, senza contribuzione.

Licenziamenti nulli

Il licenziamento nullo perché discriminatorio, o per causa di matrimonio o in violazione delle norme di tutela della maternità o paternità o per altri casi di nullità previsti dalla legge comporta per il lavoratore, a prescindere dalla data di assunzione, la reintegrazione e il pagamento di una indennità pari alla retribuzione maturata dal licenziamento all’effettiva reintegra, in misura non inferiore a 5 mensilità. La retribuzione da considerare è quella globale di fatto per gli assunti fino al 7 marzo 2015 e quella per il calcolo del Tfr per gli assunti dopo tale data.

In ogni ipotesi di reintegra, il lavoratore ha facoltà di scegliere in luogo della reintegra stessa il pagamento di un’indennità di 15 mensilità di retribuzione.

Licenziamento senza conciliazione o senza motivazione

Nel caso di licenziamento intimato senza l’osservanza del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’articolo 7 della legge 604/1966 come modificato dalla legge 92/2012, oppure di licenziamento inefficace per violazione del requisito della motivazione, la conseguenza è la condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità compresa fra 6 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Tale indennità è compresa tra 2 e 12 mensilità per il calcolo del Tfr per gli assunti dopo il 7 marzo 2015. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti, la violazione del requisito della motivazione comporta la condanna al pagamento di un’indennità compresa fra 1 e 6 mensilità per il calcolo del Tfr, sempre per i dipendenti assunti dopo il 7 marzo 2015.

Gli interventi della Consulta

La Corte Costituzionale con le sentenze 194 del 2018 e 150/2020 ha dichiarato l’illegittimità del criterio di calcolo previsto dal Dlgs 23/2015 che prevede, in caso di licenziamento ingiustificato o con vizi di motivazione, il criterio di calcolo dell’indennità ancorato alla sola anzianità di servizio.

Il 24 febbraio 2021 la Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione di costituzionalità posta in merito all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, come modificato dalla legge Fornero, dove prevede la facoltà e non il dovere del giudice di reintegrare il lavoratore arbitrariamente licenziato, in mancanza di giustificato motivo oggettivo.

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