Rapporti di lavoro

Lavoro in Cigs? Contratti alla prova di compatibilità

Il principio generale è che l’attività fa perdere il diritto all’integrazione salariale. Giurisprudenza e prassi hanno nel tempo aperto a diverse ipotesi alternative

di Mauro Marrucci

Il lavoratore che svolge attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. A stabilirlo è l’articolo 8, comma 2, del Dlgs 148/2015 che, tuttavia, deve essere letto alla luce della giurisprudenza e delle varie prassi per avere la mappa sulla compatibilità e cumulabilità reddituale della nuova attività lavorativa.

La cornice

Il punto di partenza è che l’inizio di un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, comportando la risoluzione del precedente che costituiva il fondamento del sostegno al reddito, determina di conseguenza un’incompatibilità assoluta e la perdita dell’integrazione salariale (Corte costituzionale n. 195/1995). L’Inps però, con il messaggio 16606/2012, ha precisato che il beneficiario del trattamento, qualora non superi positivamente il periodo di prova previsto dal nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato, può rientrare nel programma di cassa integrazione. L’Istituto, inoltre, con la circolare 130/2010, ha chiarito che la compatibilità è invece piena e l’integrazione salariale è totalmente cumulabile quando la nuova attività di lavoro dipendente sia collocata in ore della giornata o in periodi non sovrapponibili con l’attività lavorativa che ha originato l’integrazione come nel caso dei rapporti part-time (o di lavoro intermittente senza disponibilità), sia a tempo determinato che indeterminato. Alla stessa conclusione si giunge anche nell’ipotesi di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e di uno part-time, purché le due attività siano temporalmente compatibili, nel limite dell’orario medio massimo settimanale di lavoro (articolo 4, Dlgs 66/2003). Piena compatibilità anche per il lavoro occasionale, ex articolo 54-bis, Dl 50/2017.

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Le diverse applicazioni

Per altro verso, se la collocazione temporale della nuova attività coincide anche parzialmente con quella originaria, qualora il lavoratore dimostri che la remunerazione che ne deriva è inferiore alla misura del sostegno al reddito, avrà diritto ad una quota reddituale pari alla differenza tra l’intero importo dell’integrazione salariale e il reddito percepito. Ne deriva che la stipula di un contratto di lavoro subordinato a termine risulta compatibile con il diritto all’integrazione salariale, individuandosi una cumulabilità parziale ove il reddito derivante dalla nuova attività lavorativa sia inferiore al trattamento. In tal caso il lavoratore ha diritto alla differenza tra il nuovo reddito e l’integrazione medesima. Analogamente, là dove il beneficiario dell’integrazione derivante da un rapporto di lavoro a tempo pieno stipuli un nuovo contratto di lavoro subordinato part-time, sia a termine che a tempo indeterminato, o di lavoro intermittente con disponibilità, potrà cumulare parzialmente l’integrazione salariale con il reddito generato da tale attività anche se parzialmente sovrapponibile con quella originaria per collocazione oraria.

Il cumulo parziale riguarda anche la nuova attività di lavoro autonomo, la collaborazione coordinata e continuativa, gli incarichi pubblici elettivi e i rapporti di servizio onorario con la Pubblica amministrazione. In queste situazioni il beneficiario dovrà documentare l’ammontare del reddito e la sua collocazione temporale per consentire all’Inps di erogare l’eventuale differenziale di integrazione salariale. Nel caso in l’entità dei redditi non sia agevolmente quantificabile o collocabile temporalmente, l’Istituto sospende l’erogazione dell’integrazione.

In ogni caso, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, del Dlgs 148/2015, il beneficiario decade dal diritto all’integrazione salariale se non ha dato preventiva comunicazione all’Inps dello svolgimento della nuova attività di lavoro, qualunque essa sia, anche se soltanto potenzialmente remunerativa (Cassazione 2788/20021). A tale fine, in caso di nuovo rapporto di lavoro dipendente o parasubordinato, sono valide le comunicazioni obbligatorie a carico dei datori di lavoro, ex articolo 4-bis, Dlgs 181/2000. Per il lavoro autonomo l’onere resta in capo al beneficiario. Secondo l’Inps (circolare 57/2014) la mancata comunicazione comporta la decadenza dall’intero periodo di integrazione salariale.

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