Rapporti di lavoro

Smart working all’estero: attenzione ai profili contributivi e fiscali

Fatti salvi eventuali limiti nell'accordo individuale, lo smart working è praticabile anche all’estero. Tuttavia, sia l’azienda che il lavoratore potrebbero incappare in possibili insidie, sul fronte retributivo, contributivo e di eventuali infortuni.

di Giuseppe Merola

Uno dei principi cardine su cui si fonda lo smart working è la libertà del lavoratore di scegliere il luogo in cui eseguire la prestazione lavorativa, senza particolari vincoli legati al territorio nazionale. In linea generale, fatte salve eventuali limitazioni previste nell’accordo individuale, lo smart working è quindi praticabile anche all’estero, sia in ambito Ue, sia in ambito extra Ue. Tuttavia, in ragione dei profili di transnazionalità connessi al lavoro all’estero, sia l’azienda che il lavoratore potrebbero incappare in possibili insidie, che è bene conoscere prima onde evitare spiacevoli inconvenienti.

Retribuzione e regole generali sul lavoro

Innanzitutto, occorre prestare attenzione alle condizioni minime di lavoro imposte dalla legislazione dello Stato estero, ad esempio in termini di salario minimo, di tutela in caso di recesso o di sicurezza sul lavoro, condizioni alle quali il lavoratore in smart working potrebbe aver diritto ove lavori abitualmente nel Paese straniero. Particolare attenzione meritano, inoltre, gli aspetti fiscali e contributivi. Sotto il profilo fiscale, ove il lavoratore in smart working svolga l’attività all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco del periodo di imposta, il reddito da lavoro dipendente è assoggettato a doppia imposizione (in Italia e all’estero) in caso di mantenimento della residenza fiscale in Italia. Diversamente, in caso di trasferimento della residenza fiscale all’estero, il reddito da lavoro dipendente sarà tassato unicamente nel Paese estero di residenza.

La tassazione in capo al dipendente può avere un impatto anche sugli obblighi fiscali del datore di lavoro, che potrebbe non essere tenuto a operare le ritenute alla fonte sulla retribuzione corrisposta per le giornate lavorative svolte all’estero.

Il versante contributivo

Sul versante contributivo, è necessario invece tenere conto del principio di territorialità vigente in materia previdenziale, secondo cui la persona è soggetta alla legislazione dello Stato in cui esercita l’attività di lavoro dipendente. Eventuali deroghe a questo principio sono contenute negli Accordi di sicurezza sociale stipulati tra l’Italia e gli Stati esteri. A livello Ue, la legislazione applicabile è determinata sulla base del Regolamento 883/2004 che prevede che le Autorità competenti possano concordare eccezioni al principio della territorialità dell’obbligo assicurativo.

La copertura di eventuali infortuni

Da non sottovalutare sono poi le questioni connesse alla tutela antinfortunistica dal momento che la copertura assicurativa dell’Inail per gli infortuni sul lavoro occorsi all’estero al lavoratore in smart working potrebbe non essere garantita. In particolare, potrebbe risultare ostativo alle prestazioni da parte dell’Inail il fatto che il dipendente non si trovi all’estero in ragione di esigenze del datore di lavoro (come, ad esempio, avviene nel caso delle trasferte o dei distacchi), ma a fronte di una sua scelta personale. Da ultimo, è importante considerare che il lavoratore in smart working, qualora contragga una malattia durante la sua permanenza nello Stato estero e intenda quindi accedere alla relativa indennità, dovrà rivolgersi ad un medico del Paese in cui soggiorna per ottenere la certificazione dello stato di incapacità lavorativa e trasmettere tale certificato all’Inps. Qualora, invece, il lavoratore si trovi in uno Stato che non fa parte dell’Unione europea o che non ha stipulato con l’Italia accordi specifici che regolano la materia, la corresponsione dell’indennità di malattia può aver luogo solo dopo la presentazione all’Inps della certificazione originale, legalizzata a cura della rappresentanza diplomatica o consolare all’estero.

In considerazione di tutti questi profili, lo smart working all’estero va gestito con molta attenzione, essendo molteplici le implicazioni che ne possono derivare sia in capo alle aziende che ai lavoratori interessati. Anche rispetto a tale tematica, assume quindi un ruolo chiave l’accordo individuale di smart working, all’interno del quale potranno essere previsti e disciplinati eventuali limiti alla libertà di spostamento del lavoratore finalizzati a scongiurare possibili criticità.

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