Rapporti di lavoro

Covid, tassazione con regole Ocse solo se ci sono accordi bilaterali

di Paolo Buschini e Paolo Santarelli

Con l'interpello 458/2021 l'agenzia delle Entrate è intervenuta nuovamente sull'impatto della pandemia nella determinazione della residenza fiscale e del luogo di produzione del reddito per i lavoratori dipendenti espatriati. L'Agenzia chiarisce che le note pubblicate dall'Ocse sull'impatto del Covid del 2020 e del 2021 trovano applicazione nei casi in cui sono stati stipulati accordi bilaterali ad hoc.

Nel dettaglio, un sostituto d'imposta ha interpellato l'Agenzia per chiarire il trattamento fiscale da applicare ai dipendenti distaccati in Cina e fatti rientrare in Italia a fine gennaio 2020 per tutelarne la salute al sorgere della pandemia. I dipendenti, una volta in Italia, avevano continuato a prestare l'attività lavorativa esclusivamente a beneficio della società cinese in remoto mantenendo il loro ruolo e la loro funzione in attesa di rientrare al più presto in Cina; tale rientro si è reso possibile solo a luglio per via delle severe restrizioni all'ingresso nel Paese.

L'istante proponeva, sulla base delle posizioni espresse dall'Ocse in merito agli impatti fiscali della pandemia, di non considerare di fonte italiana il reddito prodotto durante il rientro temporaneo dei dipendenti in Italia e di non considerare il possibile impatto sulla residenza fiscale. Per quanto riguarda la fonte del reddito, l'Agenzia ha confermato che solo in base agli accordi appositamente stipulati con Austria, Francia e Svizzera il reddito prodotto in un luogo può essere considerato prodotto nel luogo ove la prestazione sarebbe stata svolta in assenza di pandemia. Pertanto, secondo l'Agenzia, i soggetti che abbiano trascorso meno di 183 giorni in Italia sarebbero soggetti a tassazione in relazione ai redditi prodotti lavorando sul suolo italiano (secondo l'articolo 15 del trattato tra Italia e Cina e dell'articolo 23 del Tuir), pur essendo non residenti.

In merito alla determinazione della residenza fiscale, l'Amministrazione ha invece confermato che sarà necessario valutare la stessa non in modo rigido, ma considerando sia i giorni di presenza fisica in Italia sia le condizioni previste dal paragrafo 2 dell'articolo 4 del Trattato (cosiddette tie breaker rules), con specifico riferimento al criterio del “soggiorno abituale” richiamato dal paragrafo 19 del commentario del modello Ocse. Seppur lineare da un punto di vista tecnico e in linea rispetto alle raccomandazioni Ocse in tema di determinazione della residenza fiscale, la posizione dell'Agenzia si differenzia rispetto alle prese di posizione unilaterali di numerose autorità fiscali estere che sono intervenute per correggere le distorsioni causate dalla pandemia sulla fonte del reddito.

La risposta complica gli adempimenti dei dipendenti espatriati, in molti casi si genererà doppia imposizione con difficoltà di recupero. Sarebbe auspicabile un intervento del legislatore per estendere la tutela dei lavoratori oltre i tre Paesi confinanti.

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