Rapporti di lavoro

Green pass, il rebus clienti per i professionisti

Entro giovedì va individuato il soggetto incaricato delle verifiche e vanno definite le modalità operative, ma si attende un chiarimento sugli altri ingressi in studio. Linee guida dal Consiglio nazionale forense e da quello degli architetti

di Valeria Uva

È il nodo della clientela quello che più preoccupa gli studi professionali alla vigilia del 15 ottobre. Nessun dubbio, infatti, che da venerdì il green pass sia obbligatorio anche per gli studi professionali, che sono luoghi di lavoro a tutti gli effetti. Molto più incerta - se non addirittura esclusa - l’applicazione del controllo in ingresso anche ai clienti dei professionisti.

Tanto che le prime linee guida varate dai Consigli nazionali (in prima fila avvocati e architetti) non riescono sul punto a fornire molte indicazioni concrete.

La norma che istituisce l’obbligo del green pass è volutamente generica e ampia e ricomprende «chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato». Non solo i dipendenti di studio quindi, ma anche gli stessi liberi professionisti «anche per l’accesso al proprio studio» come ricordano le linee guida del Consiglio nazionale architetti (Cnappc). E anche per i praticanti - sottolinea il Consiglio nazionale forense- che «pur in assenza di indicazioni concrete... svolgono l’attività lavorativa presso lo studio professionale».

I primi adempimenti

Al pari di tutti gli altri datori di lavoro anche i professionisti devono quindi entro la scadenza del 15 ottobre:

1 definire le modalità operative per organizzare le verifiche del green pass, anche a campione;

2 individuare, con atto formale, i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi.

Chi non lo fa rischia una sanzione da 400 a mille euro.

Ma se in uno studio con personale dipendente risulta facile individuare «il datore di lavoro» preposto alle verifiche (attività che può comunque essere delegata), più incerto è il caso, molto frequente, di uno studio composto da più professionisti associati, senza dipendenti. Anche il Cnf rileva criticità: «Si tratta di liberi professionisti, autonomi ed indipendenti - ricorda la nota - per cui non risulta possibile individuare un “datore di lavoro”, nel senso indicato dalla normativa». Per questo si suggerisce allo studio professionale di «individuare i soggetti responsabili dell’adempimento degli obblighi introdotti». Figure che, secondo una prima interpretazione, potrebbero coincidere con i legali rappresentanti dello studio (si vedano le schede nelle pagine precedenti).

I clienti

Molto più complesso è il nodo della clientela. Chi accede agli studi senza essere un «lavoratore» va comunque controllato? A sollevare i primi dubbi è Confprofessioni: «È un paradosso: da un lato è necessario tutelare la salute dei lavoratori in studio, e per questo si richiede loro il green pass, dall’altro non si possono caricare di ulteriori incombenze i professionisti» spiega il presidente Gaetano Stella. Ma la questione è così delicata che l’associazione aspetta «un chiarimento ministeriale prima di varare le linee guida che sono già pronte» aggiunge il presidente. «Bisogna poi tener conto di realtà molto diverse - conclude Stella - negli studi di medici e dentisti, ad esempio, non si può imporre il green pass ai pazienti».

Prudenti anche gli architetti del Cnappc: «In attesa di nuove precisazioni e disposizioni - scrivono - per tutti gli altri accessi presso lo studio professionale, e quindi nei confronti della clientela, permane l’obbligo di adottare il protocollo di cui all’allegato 9 al Dpcm 2 marzo 2021». Ovvero niente green pass, ma solo misurazione della temperatura e mascherina per i clienti. Stesse misure sollecitate dal Consiglio architetti per iscritti e visitatori che accedono alle sedi degli ordini.

I risultati dei controlli

Le modalità di verifica della certificazione verde negli studi professionali sono le stesse rispetto agli uffici privati: si va verso un controllo via app, anche se le modalità operative concrete sono in via di definizione (si veda anche a pagina 2).

Più complesse sono le conseguenze delle verifiche. Il dipendente che non può esibire un green pass valido va sospeso come assente ingiustificato (anche dalla retribuzione) ma, a differenza di altri assenti ingiustificati, ha diritto a conservare il posto di lavoro. «Ma come si fa a distinguerlo dagli altri assenti - si interroga Pasquale Staropoli, direttore della scuola di alta formazione della Fondazione studi consulenti del lavoro - se non possiamo conservare e trattare il nominativo che è un dato sensibile?».

«Tra l’altro - aggiunge - proprio nei piccoli studi, si potrebbe utilizzare la norma che nei luoghi di lavoro con meno di 15 dipendenti consente sostituzioni temporanee per pochi giorni dell’assente senza green pass, ma per come sono organizzati i controlli è una possibilità difficilmente applicabile ai professionisti».

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