Rapporti di lavoro

Sull’equo compenso il paradosso sanzioni

di Federica Micardi

La proposta di legge sull’equo compenso per i professionisti - prima firmataria Giorgia Meloni, attesa in Aula alla Camera giovedì - abbraccia un principio giusto ma ha diverse criticità. È quanto ha scritto ieri l’Adc (Associazione dottori commercialisti) alla leader di Fratelli d’Italia attraverso una lettera aperta. Tra i principali problemi della proposta (AC 301 ) c’è l'ambito di applicazione, che la norma limita ai contratti convenzionali con la Pa (escluse le partecipate) e con i cosiddetti contraenti forti (banche, assicurazioni, aziende con più di 50 dipendenti o un fatturato superiore a 10 milioni). L’Adc sottolinea che molti professionisti lavorano attraverso rapporti non convenzionali, escluderli dalla tutela dell’equo compenso vanifica la normativa.

Anche secondo Armando Zambrano, presidente di Professioni italiane, l’equo compenso andrebbe esteso a tutti i clienti, senza distinzioni: «un’estensione che andrebbe a tutelare non solo i professionisti rispetto ai clienti - dice Zambrano - ma anche gli stessi clienti, spesso piccole realtà o singoli, che avrebbero dei riferimenti sui valori delle prestazioni».

Un altro aspetto criticato del testo in discussione riguarda le sanzioni, che ricadano sul professionista e non sul committente, un paradosso secondo Adc. Obiezioni simili sono state sollevate anche da Confprofessioni (si veda il Sole 24 Ore dell’8 ottobre), mentre per il Colap (coordinamento libere associazioni professionali) la proposta non rispecchia le reali necessità dei professionisti.

Sull’equo compenso nei giorni scorsi è intervenuta anche la Consulta del Cnel, che ha inviato un documento al Parlamento con proposte di revisione del testo attualmente all’esame della Camera, tra cui l’ampliamento del perimetro di applicazione.

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