Rapporti di lavoro

La certificazione della parità di genere porterà in dote sgravi contributivi alle aziende

Modifiche al Codice delle pari opportunità per realizzare una maggiore parità di genere nelle aziende, anche con una certificazione ad hoc

di Roberta Di Vieto

Modifiche al Codice delle pari opportunità per realizzare una maggiore parità di genere nelle aziende, anche con una certificazione ad hoc. Le prevede il disegno di legge 2418 approvato in via definitiva al Senato il 26 ottobre. Il provvedimento modifica il codice in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo previsto dal Dlgs 198/2006 e introduce rilevanti novità.
In primo luogo, la legge, di iniziativa parlamentare, interviene sulla nozione di discriminazione, estendendola a ogni trattamento organizzativo capace di incidere sulle condizioni e sui tempi di lavoro e capace di generare posizioni di svantaggio, anche sotto forma di limitazioni di opportunità alla vita aziendale, alle opportunità di carriera e di progressione.

Il rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile

Per poter contare su un insieme di informazioni utili a valutare in maniera più completa l’effettiva applicazione della parità di genere e l’assenza di discriminazione nella nuova accezione, la norma interviene sotto due principali profili: l’ampliamento della platea delle aziende per le quali è previsto l’obbligo di presentare un rapporto con cadenza biennale sulla situazione del personale maschile e femminile; il numero e la natura delle indicazioni e informazioni che il rapporto deve contenere. Con riferimento al primo aspetto, sono destinatarie tutte le società che occupano oltre 50 dipendenti, e non più solo quelle con oltre 100 dipendenti. Sui contenuti del rapporto periodico, fermo restando le ulteriori indicazioni che saranno espressamente previste dai decreti attuativi, è specificato che ciascun datore di lavoro debba indicare il numero dei lavoratori occupati di sesso femminile e di sesso maschile, il numero delle risorse in stato di gravidanza, i lavoratori di entrambi i sessi eventualmente assunti nell’anno, le differenze tra le retribuzioni iniziali, l’inquadramento contrattuale e la funzione svolta da ciascun lavoratore occupato. Inoltre, il rapporto periodico deve contenere le informazioni sui processi di reclutamento e selezione, sulle procedure utilizzate per l’accesso alla qualificazione professionale e alla formazione manageriale, sugli strumenti e sulle misure resi disponibili per promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sulla presenza di politiche aziendali a garanzia di un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso e sui criteri adottati per le progressioni di carriera.In un’ottica di sempre maggiore trasparenza, inoltre, il disegno di legge prevede che sul sito internet del ministero del Lavoro sia pubblicato l’elenco delle società che hanno trasmesso il rapporto periodico e quello delle aziende che non lo hanno presentato.

La certificazione della parità di genere

Con l’obiettivo di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità, il provvedimento prevede anche che a decorrere dal 1 gennaio 2022 sia istituita la certificazione della parità di genere.

Anche in questo caso, la definizione dei parametri per conseguire la certificazione e per il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali nella relativa attività di verifica sono demandati a successivi Dpcm. Al riguardo, peraltro, è importante sottolineare che è stato previsto un meccanismo premiale in base al quale viene riconosciuto alle aziende certificate per l’anno 2022 uno sgravio contributivo in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50mila euro annui, riparametrato e applicato su base mensile; per gli anni successivi l’agevolazione è subordinata al reperimento delle relative coperture.

La norma, infine, estende l’obbligo delle quote rosa – oggi previsto nei consigli di amministrazione delle società quotate - anche alle società a controllo pubblico, non quotate in mercati regolamentati.

Complessivamente le misure previste dal provvedimento risultano significative e l’auspicio è che siano pienamente confermate dai provvedimenti successivi di attuazione; ciò nonostante sia evidente la necessità di ulteriori interventi normativi volti a rendere effettiva la possibilità per le donne di entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro.

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