Rapporti di lavoro

Chiusura d’azienda: 90 giorni per il confronto con i sindacati

di Giampiero Falasca

La procedura di informazione e consultazione preventiva prevista dalla legge di Bilancio 2022 (articolo 1, commi 224-236, della legge 234/2021) a carico delle imprese con almeno 250 che intendano attuare una chiusura aziendale che comporta almeno 50 esuberi segue tappe scandite con precisione dalla legge (si veda anche «Il Sole 24 Ore» di ieri).

Il calendario della procedura ruota intorno alla data in cui il datore ipotizza di avviare un licenziamento collettivo conseguente alla decisione di chiudere l’azienda o una sua parte: da tale giorno si calcolano, a ritroso, i tempi della procedura.

Così, per fare un esempio, se si intende avviare un licenziamento collettivo il 1° giugno, si deve dare avvio alla procedura di informazione e consultazione entro il 2 marzo, per rispettare il termine di 90 giorni (calcolati come giorni liberi) di preavviso fissati dalla legge.

Con la lettera di avvio, l’impresa deve comunicare ai sindacati, all’Anpal, al ministero del Lavoro e a quello per lo Sviluppo Economico, le ragioni economiche, finanziarie, tecniche od organizzative della chiusura, il numero e i profili professionali del personale occupato e il termine entro cui è prevista la chiusura dell’unità produttiva.

Una volta effettuata tale comunicazione, l’azienda ha tempo 60 giorni per presentare ai medesimi destinatari un piano in cui siano descritte le azioni previste per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura; nell’esempio appena fatto, questo termine scade il 1° maggio.

Il piano ha alcuni contenuti obbligatori:

le azioni previste per la salvaguardia dei livelli occupazionali;

gli interventi per la gestione non traumatica dei possibili esuberi;

le azioni finalizzate alla rioccupazione;

le prospettive di cessione dell’azienda o di sua riconversione.

Dopo aver presentato il piano, il datore di lavoro ha tempo 30 giorni (nell’esempio, fino al 31 maggio) per discuterne i contenuti con le organizzazioni sindacali e le altre istituzioni coinvolte nella procedura; questa discussione si può concludere con due risultati differenti.

Le parti possono raggiungere un accordo sull’attuazione del piano: in tal caso esso viene realizzato con le modalità e i tempi concordati tra le parti, entro una durata massima di 12 mesi. La legge non chiarisce se, durante tale periodo, sia possibile attuare, anche solo parzialmente, dei licenziamenti individuali o collettivi, ma applicando i principi generali sembra doversi dare risposta positiva, se le parti prevedono tale ipotesi nell’accordo. In ogni caso, una volta concluso il periodo di attuazione del piano, se sussistono ancora esuberi, il datore di lavoro può procedere con il licenziamento collettivo applicando la procedura ordinaria.

Uno scenario alternativo si verifica se la discussione si conclude senza accordo: in tale ipotesi, il datore può avviare il licenziamento collettivo appena finisce l’esame del piano (e comunque non prima che siano passati 90 giorni dall’avvio della procedura), e beneficia di un accorciamento dei termini previsti dalla legge 223/1991. Considerato che si è appena conclusa la negoziazione, infatti, la legge esonera espressamente le parti dall’obbligo di esperire nuovamente l’esame congiunto, prevedendo il passaggio diretto alla fase di mediazione amministrativa (con una riduzione dei tempi da 75 a 30 giorni). Usando le date dell’esempio sopra illustrato, ciò significa che il 1° giugno può essere avviato il licenziamento collettivo, e questo si conclude il giorno 30 dello stesso mese.

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