Rapporti di lavoro

Nel 2021 lavoro da remoto per 7,2 milioni di lavoratori

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Nel 2021, complice l’emergenza pandemica, 7,2 milioni di lavoratori hanno lavorato da remoto, quasi un terzo della forza lavoro. In previsione del ritorno alla “normalità” il 46% dei lavoratori vorrebbe continuare a svolgere la propria attività in modalità agile almeno un giorno a settimana e quasi 1 su 4 per tre o più giorni a settimana. Addirittura un addetto su cinque accetterebbe anche una eventuale penalizzazione nella retribuzione (una eventualità tuttavia ora impossibile perché la legge prevede il mantenimento della stessa retribuzione).

Sono numeri contenuti nell’indagine realizzata dall’Inapp su un campione di oltre 45mila interviste condotte tra marzo e luglio, che confermano come, lo scorso anno, sia continuato un ampio ricorso al lavoro agile, in forma ”ibrida” ovvero in presenza e da remoto, che ha coinvolto il 32,7% degli occupati; il 39,7% dei lavoratori della Pa e il 30,8 tra i privati. Il fenomeno è esploso nella fase acuta della pandemia, coinvolgendo quasi 9 milioni di lavoratori, rispetto ai 2,4 milioni (pari all’11%) che lavoravano parzialmente da remoto prima dell’epidemia da Covid 19.

Nel 2021 quasi metà dei lavoratori era impegnato in modalità agile da 3 a 5 giorni a settimana, l’11,6% per un solo giorno. Solo per il 16,5% è stato frutto di un accordo collettivo, per il 14,3% di un accordo individuale; per quasi il 37% dei lavoratori da remoto non c’è stata alcuna formalizzazione, come previsto dalla legislazione emergenziale che consente il ricorso allo smart working su decisione unilaterale dell’azienda.

«Nel complesso la valutazione dei lavoratori è positiva, anche se si manifestano alcune criticità in relazione ad specifici aspetti come il problema della disconnessione e dei costi delle utenze domestiche - spiega il presidente dell’Inapp, Sebastiano Fadda -. Esiste una base per passare dal semplice lavoro da remoto emergenziale a nuovi modelli di organizzazione del lavoro associati a innovative reingegnerizzazioni dei processi produttivi, ma bisogna adoperarsi per risolvere le criticità».

Per agevolare il lavoro da remoto sono state attivate soprattutto piattaforme digitali per lo svolgimento delle riunioni a distanza nel pubblico (71,5%) e nel privato (64,4%); ha fornito dispositivi informatici ai lavoratori il 62,1% delle aziende private e il 41,9% della Pa. L’attivazione di protocolli di sicurezza informatica ha interessato oltre il 56% dei datori di lavoro. Nel privato si è investito in formazione (46,8%), fornendo attrezzature ergonomiche (25,7%) ed erogando un contributo ai dipendenti (22,2%). Rispetto ad una delle criticità, il rischio di connessione continua, nel privato il 65% dei lavoratori dichiara di poter scegliere in modo autonomo quando disconnettersi contro il 50,1% del pubblico. La connessione any-time riguarda nel complesso il 32,8% dei lavoratori, ma nel pubblico la quota scende al 26,9% e nel privato sale al 34,5%. Oltre il 49% dichiara di potersi disconnettere solo per la pausa pranzo.

Prevale la quota di lavoratori che esprime un giudizio positivo sull’esperienza di lavoro da remoto (55%) con alcune criticità: il 64% ritiene che generi isolamento, circa il 60% che non aiuti nei rapporti con i colleghi, oltre il 60% lamenta l’aumento dei costi delle utenze domestiche. Positiva, invece, la valutazione sulla libertà di organizzare il lavoro e gestire gli impegni familiari. La metà delle professioni qualificate può erogare oltre il 50% della prestazione da remoto, a fronte di un decimo delle professioni non qualificate.

«Le modalità variano a seconda delle aziende di diversa dimensione, del settore e dell’intensità tecnologica - aggiunge Fadda -, non ci possono essere modalità o percentuali fissate a priori. Serve un quadro di regole-base e poi flessibilità per definire con la contrattazione le modalità che meglio garantiscono la produttività delle aziende e il benessere dei lavoratori».

Infine, se il lavoro agile entrasse a regime, oltre un terzo degli occupati si sposterebbe in un piccolo centro, quattro persone su 10 si trasferirebbero in un luogo isolato a contatto con la natura.

Il quadro

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