Rapporti di lavoro

Sale il pressing delle parti sociali: mantenere il regime semplificato

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

In vista dell’uscita dall’emergenza sanitaria, per ora fissata al 31 marzo, sale il pressing delle parti sociali per incentivare il lavoro agile, attraverso «urgenti misure di semplificazione» del regime delle comunicazioni obbligatorie relative all’invio dell’accordo individuale, con la richiesta, contenuta anche nell’accordo interconfederale dello scorso dicembre, di mantenere «le stesse modalità del regime semplificato attualmente vigente».

Il tema è delicato, considerati anche i numeri in gioco (metà della forza lavoro che è intenzionata a utilizzare lo smart working), e da aprile, con il ritorno alle regole pre pandemia, si troverebbero di fronte a una mole aggiuntiva di lavoro, dovendo firmare e trasmettere milioni di accordi individuali. «Dobbiamo evitare che le aziende impazziscano - sottolinea Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro all’università la «Sapienza» di Roma -. Il lavoro agile è sempre voluto dalle parti, in quanto reversibile in qualsiasi momento, e non ha quindi bisogno di ulteriore burocrazia. Le forme di utilizzo dello smart working vanno favorite rendendo meno pesanti le comunicazioni».

«Va bene avere una regolamentazione individuale dello smart working anche per poterlo modulare e personalizzare - ha evidenziato Carlo Frighetto, direttore di Confindustria Pisa, ed esperto di diritto del lavoro -. Ma per le aziende, per le quali è compatibile con la propria organizzazione, deve esserci una sburocratizzazione massima».

D’accordo il sindacato: «Si chiede di prorogare la possibilità, per i datori di lavoro del privato - spiega il leader della Cisl, Luigi Sbarra-, di comunicare al ministero del Lavoro, in via telematica, i nominativi dei lavoratori coinvolti e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla procedura semplificata già in uso resa disponibile nel sito internet del ministero stesso». Si apre una fase nuova, secondo Sbarra: «il lavoro agile sta diventando modalità strutturale ed entra nei contesti organizzativi aziendali e nei desideri dei lavoratori. Non è abbastanza sottolineato il ruolo importante che lo smart working sta svolgendo nel favorire una maggiore disponibilità verso il lavoro di cura da parte degli uomini». L’accordo quadro sul lavoro agile, ricorda Sbarra, è finalizzato ad «orientare la contrattazione collettiva stabilendo principi importanti: volontarietà e alternanza tra giornate in presenza e da remoto, possibilità di accesso per tutti i lavoratori, diritto allo stesso trattamento economico e normativo, obbligo di individuare una fascia di disconnessione».

Un ruolo importante può essere svolto dalla contrattazione di secondo livello: «Quella nazionale può fissare norme generali, ma l’azienda è il luogo dove vanno declinate le modalità organizzative in base alle esigenze specifiche - chiosa Maurizio Del Conte, professore di diritto del Lavoro all’università Bocconi di Milano -. Il lavoro agile non è quello sperimentato durante la pandemia, quando si è optato per il lavoro da remoto per il contenimento dei contagi. Occorre ragionare su nuove modalità organizzative tenendo conto che l’adesione è volontaria. Per una soluzione organizzativa condivisa serve un salto culturale che coniughi gli aspetti di efficienza con quelli di conciliazione vita lavoro. La sfida è legare la retribuzione non alla presenza fisica, ma al raggiungimento di obiettivi, responsabilizzando il lavoratore».

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