Rapporti di lavoro

Obblighi di informazione senza possibilità di rinviare al Ccnl

di Ilario Alvino e Enrico D’Onofrio

Lo schema di decreto legislativo recante l’attuazione della direttiva Ue 2019/1152, relativa alle “condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili”, desta numerose perplessità tra gli operatori e le imprese sotto diversi profili.

Il testo, attualmente all’esame del Parlamento, aggrava fortemente gli obblighi di comunicazione già previsti dal decreto legislativo 152/1997 e inasprisce sensibilmente le sanzioni amministrative connesse all’inadempimento (fino a 1.500 euro per ogni lavoratore).

Infatti, è previsto l’obbligo, a carico del datore di lavoro, di fornire per iscritto al lavoratore una comunicazione puntuale su numerosi profili della disciplina del rapporto di lavoro, che sono normalmente oggetto di regolazione da parte della contrattazione collettiva. Tra questi, a titolo esemplificativo, rientrano gli aspetti relativi alla programmazione dell’orario di lavoro, alle condizioni applicate per i cambi turno e alle modalità di fruizione di ferie e congedi.

A differenza di quanto espressamente previsto dalla direttiva Ue 2019/1152, tuttavia, lo schema di decreto inspiegabilmente non prevede la possibilità per il datore di lavoro di adempiere all’obbligo di comunicazione attraverso il rinvio al Ccnl applicato al rapporto di lavoro. Omissione a maggior ragione inspiegabile laddove lo stesso schema di decreto prevede, opportunamente, che il datore non sia tenuto a comunicare eventuali variazioni della disciplina che derivino dalla «modifica di disposizioni legislative o regolamentari, ovvero dalle clausole del contratto collettivo».

Ciò, oltre a essere in evidente contrasto con l’obiettivo della “semplificazione” – perseguito, anche con provvedimenti e accordi recenti, dal legislatore e dalle parti sociali (con riferimento, ad esempio, al lavoro agile) – rischia di ostacolare, anziché favorire, la realizzazione dell’obiettivo della trasparenza perseguito dal legislatore europeo.

E invero, il datore di lavoro non potrà che assolvere l’onere ripetendo i contenuti della legge e del Ccnl nella comunicazione, con il rischio che in tale ripetizione si verifichino difformità foriere di confusione. L’effetto di disorientamento sarebbe peraltro ulteriormente amplificato nel momento in cui le informazioni rese individualmente in fase di assunzione fossero superate, nel corso del rapporto e come normalmente avviene, dalle dinamiche della contrattazione collettiva.

Lo schema di decreto pone poi dubbi di legittimità sotto il profilo dell’eccesso di delega, per esempio nella parte in cui prescrive l’obbligo del datore di lavoro, non previsto dalla direttiva, di informare il lavoratore sull’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati che forniscono dati ai fini dell’assunzione e della gestione del rapporto di lavoro (compresa l’assegnazione delle mansioni e la valutazione dei dipendenti). Una previsione, questa, che comporterebbe un onere di informazione in capo al datore di lavoro perfino più esteso e penetrante di quello previsto dall’articolo 4 della legge 300/1970 per il controllo a distanza, suscettibile di interessare molti degli applicativi attualmente in uso nelle aziende.

Infine, il decreto estende gli obblighi di comunicazione al committente nei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, pur essendo i rapporti di lavoro autonomo esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva.

In conclusione, è auspicabile che il dibattito parlamentare possa offrire utili indicazioni per una correzione dello schema di decreto, allo scopo di risolvere le numerose criticità del testo.

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