Rapporti di lavoro

Tirocini formativi, la stretta preoccupa Bianchi e Messa

di Claudio Tucci

La stretta sui tirocini curriculari, quelli a contenuto formativo e necessari per acquisire un titolo di studio, su cui sta ragionando il Parlamento su input di una fetta di maggioranza, preoccupa scuola e università. Giusto «voler qualificare tutte le esperienze di apprendimento in situazione lavorativa», hanno sostenuto, praticamente in coro, Patrizio Bianchi e Maria Cristina Messa; ma attenzione «a non varare norme confliggenti»; e in particolare su atenei e Its, attenzione a non «mettere a rischio gli obiettivi del Pnrr», che, come ripete sempre più spesso il premier, Mario Draghi, punta a collegare di più e meglio istruzione e lavoro.

Il punto, ha spiegato al Sole24ore, la titolare dell’Università e della Ricerca, ribadendo quanto dichiarato nei giorni scorsi in una audizione ad hoc alla Camera, il «tirocinio curriculare è fondamentale per il perseguimento di un più stretto rapporto tra la formazione universitaria e il mondo del lavoro. Ma è un momento di applicazione teorico/pratica funzionale all’apprendimento, difficilmente assimilabile all’attività lavorativa. È formazione, non lavoro». Il riferimento è ad alcune norme contenute nel testo base adottato dalla commissione Lavoro di Montecitorio, che, nei fatti, assimilano i tirocini curriculari a un rapporto di lavoro, introducendo un’indennità di almeno 300 euro, oltre al rimborso integrale delle spese di trasporto sostenute dallo studente, di strumentazione e (per i rapporti oltre le 5 ore giornaliere), di vitto, pena sanzioni fino a 3mila euro. E parallelamente, facendo crescere anche gli adempimenti burocratici: dall’obbligo di comunicazione obbligatoria alle clausole premiali in caso di successiva assunzione alle quote massime di tirocinanti (sulla falsa riga di quanto avviene per i rapporti a tempo).

Ieri, in audizione alla Camera, anche il ministro dell’Istruzione, Bianchi, ha espresso perplessità su questa equiparazione, soprattutto con riguardo agli Its, gli Istituti tecnologici superiori (come si chiameranno d’ora in avanti), che il Pnrr rilancia, e dove il 30% di ore (35%, con le nuove regole) è svolto in tirocinio dai ragazzi (e le Fondazioni danno ampia garanzia della qualità della proposta formativa sia in aula sia in azienda, ndr). Ecco allora, che un eventuale appesantimento delle incombenze a carico della imprese ospitanti, potrebbero mettere a rischio l’obiettivo del Pnrr (e degli 1,5 miliardi in arrivo) del raddoppio almeno degli iscritti. Non solo. Bianchi ha lasciato trapelare preoccupazione anche per il decollo del nuovo (e innovativo) percorso di abilitazione al’insegnamento, visto che almeno 20 dei 60 Cfu aggiuntivi alla laurea previsti devono essere di tirocinio. «Mi permetto di avanzare la necessità di una riflessione sul provvedimento - ha chiosato il ministro del’Istruzione -. Per non andare in una situazione confliggente tra le norme». Forte apprezzamento da Valentina Aprea (Fi): «Le parole di Messa e Bianchi sono di assoluto buon senso, vanno ascoltate».

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