Rapporti di lavoro

Punito il professionista che accetta un corrispettivo esiguo

di Guglielmo Saporito

L’equo compenso che approda all’aula di Palazzo Madama entrerà in vigore per tutte le categorie professionali, sia collegiate (avvocati, commercialisti, ingegneri, geometri) che associative (con iscrizione ministeriale a norma della legge 4/2013, come i tributaristi). I contratti stipulati da tali professionisti con clienti “forti” (imprese bancarie e assicurative, enti con più di 50 dipendenti o ricavi annui oltre 10 milioni), dovranno prevedere un compenso «equo».

La qualità «equa» del compenso sarà desunta da una pluralità di circostanze, alcune positive, altre negative. In positivo, sono equi gli importi che corrispondono a parametri stabiliti da decreti ministeriali su iniziativa degli Ordini, Collegi o Associazioni (articolo 3, comma 1); in negativo, i compensi non devono essere intaccati da voci negative quali l’anticipazione di spese, prestazioni gratuite, rinuncia al rimborso delle spese, pagamenti dilazionati, obbligo di usare (a pagamento) software o assistenza tecnica del cliente.

Come criterio generale, il legislatore prevede un compenso «proporzionato» all’opera prestata ed ai costi sostenuti, evitando di attribuire al committente “forte” vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto.

A partire dalle nuove convenzioni (perché la norma non si applica a quelle già sottoscritte, articolo 11), chi ha sottoscritto clausole non eque può farne valere la nullità (articolo 3, comma 1): il contratto di prestazione di servizi resta valido (articolo 3, comma 4) e si potrà chiedere la rideterminazione del compenso al giudice civile. Quest’ultimo, utilizzerà i parametri previsti dai decreti ministeriali, cioè quelli previsti dalla legge sulla professione legale (247/2012) e quelli che il ministro dello Sviluppo economico adotterà per le professioni a matrice associativa.

Sono previste sanzioni per i professionisti che accettino un compenso che non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione (articolo 5, comma 5), mentre il committente “forte” rischia la condanna al pagamento secondo parametri ministeriali, oltre un eventuale indennizzo pari al doppio della differenza tra quanto pattuito e quanto dovuto (articolo 4).

Le imprese “forti”, per evitare equivoci, potranno adottare modelli standard di convenzione concordati con gli Ordini professionali (articolo 6). La norma sull’equo compenso contiene anche innovazioni di più ampio respiro, considerando «titolo esecutivo» il parere di congruità emesso dall’Ordine professionale sul compenso vantato da professionista (articolo 7): ciò accelera la procedura di riscossione.

Infine, una novità riguarda sia i professionisti (tutti) che i clienti: l’articolo 8 stabilisce che la responsabilità professionale da fatto illecito (l’errore) si prescrive calcolando il termine (quinquennale) dal giorno del «compimento della prestazione». Per i danni latenti (che non emergono subito) e per quelli percepibili solo a seguito di indagini successive, diminuisce quindi la responsabilità del professionista e l’esposizione a richiesta di danni. In precedenza, per gli errori dei professionisti (ad esempio, degli avvocati) si teneva presente la percepibilità dell’errore da parte del cliente (Cassazione 24270/2020), e quindi prima il termine per lamentare danni era più ampio. Anche medici, ingegneri, commercialisti e notai si gioveranno della norma, e sarà compito dei Tribunali individuare cosa debba intendersi per «compimento della prestazione»: il singolo atto, calcolo o disegno oppure il complessivo incarico.

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