Rapporti di lavoro

Lavoro nautico: la continuità del rapporto non vale per tutti

di Valeria Zeppilli

Nel rapporto di lavoro nautico è previsto un particolare regime, denominato Crl – continuità del rapporto di lavoro, del tutto peculiare: esso, infatti, garantisce la protrazione a tempo indeterminato del contratto di arruolamento e la permanenza del rapporto anche quando ci si trova di fronte a una specifica inoperosità del lavoratore, ovverosia nei periodi che separano uno sbarco dall'imbarco successivo.
La peculiarità dell'istituto lo ha portato in diverse occasioni all'attenzione della giurisprudenza, che si è confrontata con la tematica anche in due recentissime ordinanze (Corte di cassazione, sezione lavoro, 27 giugno 2022, n. 20524 e n. 20536).
In queste occasioni la Corte di cassazione ha chiarito un aspetto di assoluto rilievo affermando che la continuità del rapporto di lavoro non è un regime generale, ma si applica esclusivamente quando a prevederlo è la contrattazione collettiva. Ciò, in sostanza, vuol dire che in assenza di quest'ultima i vari imbarchi, anche se avvengono alle dipendenze del medesimo datore di lavoro, devono essere considerati singolarmente e sono oggetto di distinti contratti di arruolamento, in aderenza a quanto previsto dall'articolo 325 del Codice della navigazione
Tutto ciò considerato, per la Corte di cassazione la nozione di contratto a tempo indeterminato prevista nell'ambito del lavoro nautico deve considerarsi in tutto analoga a quella propria dei rapporti di lavoro comune e non può certo ritenersi limitata all'assenza di predeterminazione del momento della risoluzione, né tantomeno significa che la durata del rapporto lavorativo coincide con quella della convenzione di imbarco.
A maggior conferma di ciò, la Cassazione ha oltretutto ricordato che le cause di risoluzione del rapporto di lavoro previste dall'articolo 343 del Codice della navigazione non sono compatibili con i regimi di stabilità dei rapporti a tempo indeterminato dettati dalla legge 604 del 1966 e dalla legge 300 del 1970 che, anche in virtù di quanto affermato già molti anni fa dalla Corte costituzionale, si applicano anche al personale marittimo navigante delle imprese di navigazione.
Ciò vuol dire anche, tra le altre cose, che in caso di operatività del regime di continuità del rapporto di lavoro non si applica la risoluzione di diritto del contratto di arruolamento del lavoratore che deve sbarcare per malattia o lesioni e non può riassumere il posto a bordo al momento della partenza della nave da un luogo di approdo.
L'articolo 343 del Codice della navigazione, infatti, nel prevedere una simile conseguenza non fa altro che attribuire al verificarsi di un'ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa un'efficacia risolutiva automatica contrastante con le previsioni della legge 604.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©