L'esperto rispondeContrattazione

Ri - assunzione apprendista dimissionario

di Noviello Alessia

La domanda

Un'azienda che applica il CCNL Legno Arredamento Industria aveva in essere col lavoratore Tizio un contratto di apprendistato professionalizzante della durata di 24 mesi. Dopo 19 mesi il lavoratore si è dimesso. Circa 3 mesi dopo le dimissioni il lavoratore chiede di essere ri - assunto e l'azienda sarebbe disponibile. Si chiede: Sarebbe possibile assumere in apprendistato per i 5 mesi rimanenti ? In alternativa l'azienda potrebbe assumere a tempo indeterminato utilizzando l'incentivo di cui all'art. 1, co. 10 e ss., della legge 178/2020 (legge di Bilancio 2021) visto che il lavoratore non ha mai avuto rapporti a tempo indeterminato presso nessun datore di lavoro?

Il comma 2, dell'articolo 44 rimanda agli accordi interconfederali ed ai contratti collettivi nazionali di lavoro la determinazione della durata effettiva del periodo di apprendistato, in relazione al piano formativo utile a garantire la qualifica da conseguire. Nello specifico, riguardo alle precedenti esperienze, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la circolare n. 5/2013, ha analizzato alcune eventualità. In particolare, chiarisce che un rapporto di lavoro preesistente di durata limitata, anche di apprendistato, non pregiudica la possibilità di instaurare un successivo rapporto formativo. Non sembra ritenersi ammissibile la stipula di un contratto di apprendistato da parte di un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuativo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per una durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva. Tale conclusione è dettata dalla necessità che il precedente rapporto di lavoro, sotto il profilo dell'acquisizione delle esperienze e delle competenze professionali, non abbia prevalenza sull'instaurando rapporto di apprendistato. Non si pregiudica, invece, la possibilità di instaurare un successivo rapporto formativo qualora il contratto abbia avuto una durata inferiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva e il nuovo rapporto di apprendistato preveda un percorso addestrativo, nel piano formativo individuale (PFI), volto ad arricchire le competenze di base trasversali e tecnico professionali del lavoratore. Infine, la giurisprudenza di cassazione (n. 8623/01; 8250/02) ha affermato come “un contratto di apprendistato tra le medesime parti deve ritenersi validamente stipulato ove le finalità formative traggano origine dal comune interesse delle stesse a un mutamento di mansioni contrattuali, o di quelle svolte in forza del precedente rapporto di apprendistato intercorso”. Come noto, l'apprendistato è disciplinato dagli artt. 41 e seguenti del d.lgs. 81/15. All'interno della norma non si rileva alcun divieto di riassunzione di un apprendista già impiegato in precedenza come apprendista nella medesima azienda. Assume invece carattere indispensabile, la necessità di garantire le medesime finalità formative, anche mediante assegnazione di mansioni e qualifica professionale diverse rispetto al precedente rapporto di apprendistato. Stando a quanto in premessa, dunque, si ritiene possibile proseguire il rapporto presso la medesima o presso un'altra azienda, purché l'attività svolta sia coerente con il piano formativo inizialmente sottoscritto e nell'ambito della durata massima del contratto inizialmente previsto, allo scopo del raggiungimento della qualificazione. Quanto alla possibilità di assumere a tempo indeterminato utilizzando l'incentivo di cui all'art. 1, co. 10 e ss., della legge 178/2020 (legge di Bilancio 2021), in estrema sintesi, l'esonero contributivo, nella nuova formulazione, estende la misura strutturale introdotta dalla legge di Bilancio 2018 (205/2017) al 100% e innalza l'età ai giovani under 36. La legge 178/2020 richiama espressamente i commi da 100 a 105 e il comma 107 della legge di Bilancio 2018, quindi, il potenziale beneficiario non deve essere mai stato occupato con un contratto a tempo indeterminato con il medesimo datore di lavoro o con altro datore di lavoro. La misura è funzionale per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato effettuate nel biennio 2021-2022 ed è pensata allo scopo di promuovere l'occupazione giovanile stabile. L'esonero contributivo è riconosciuto nella misura del 100 per cento, per un periodo massimo di trentasei mesi, nel limite massimo di 6.000 euro su base annua, con riferimento ai soggetti che alla data della prima assunzione non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età. Resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, quindi il lavoratore non perde in contribuzione. Il comma 11 introduce l'estensione temporale dell'esonero per le regioni del Sud. Innalzando il periodo massimo a quarantotto mesi, limitatamente ai datori di lavoro privati che effettuino assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna L'esonero contributivo spetta ai datori di lavoro che non abbiano proceduto, nei sei mesi precedenti l'assunzione, né procedano, nei nove mesi successivi alla stessa, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi, ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva. Tuttavia, ad oggi, la misura non è ancora operativa. Il comma 14 dell'art. 1 della legge di Bilancio 2021, richiama la normativa comunitaria in termini di aiuti di Stato e condiziona il diritto all'esonero contributivo per le assunzioni nel 2021 e nel 2022 all'autorizzazione della Commissione Europea, che ancora si attende, chiarendo anche che la copertura degli oneri derivanti attinge le sue risorse dal Programma Europeo Next Generation.

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