Agevolazioni

Lavoro domestico, corsa alla sanatoria per le colf da Marocco, Ucraina e Bangladesh

di Marta Casadei e Michela Finizio

Non è tra i braccianti che trova terreno fertile la sanatoria dei rapporti di lavoro irregolari, prevista con il decreto Rilancio (articolo 103 del Dl 34/2020). Nel primo mese di applicazione sono state inviate oltre 80mila domande. L’88% nel lavoro domestico, dove si registra un tasso di irregolarità pari al 58,3 per cento. Appena 8.310 (il 12%), invece, per rapporti di lavoro subordinato, soprattutto in agricoltura e solo 54 nel settore della pesca.

È questo l’identikit, in base all’attività lavorativa svolta, di chi aderisce alla procedura di emersione del lavoro nero, che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo per gli extracomunitari clandestini, in base agli ultimi dati diffusi dal Viminale sulle domande inviate dal 1° al 30 giugno. La sanatoria, in seguito alla proroga decisa dal Governo, resterà aperta fino al prossimo 15 agosto. La stima iniziale di 220mila richieste però sembra ancora lontana, anche se il ministero dell’Interno ricorda che durante l’ultima procedura simile, avviata nel 2012, ben il 47% delle pratiche venne trasmesso negli ultimi sette giorni.

Focus sul lavoro domestico

Fortemente voluta dalla ministra per l’agricoltura, Teresa Bellanova, in realtà la sanatoria trova i numeri soprattutto tra le mura domestiche. Nelle case delle famiglie italiane si contano complessivamente 849mila colf e badanti con contratto regolare, in costante calo dal 2012 (elaborazione su dati Inps). L’Osservatorio Domina, però, ne stima un altro milione e 187mila in nero, di cui 565 mila extra-comunitari. Tra questi, poi, la fondazione Ismu ne conta circa 311mila senza regolare permesso di soggiorno.

Se le circa 8.300 domande inviate in agricoltura arrivano per lo più dalle province di Caserta (1.063), Ragusa (779), Latina (690) e Salerno (684), sono invece le grandi città a raccogliere il maggior numero di richieste di regolarizzazione di colf e badanti: da Milano ne sono state inviate 9.797, da Napoli 6.565 e da Roma 5.960.

A far sorgere qualche dubbio è la nazionalità dei lavoratori interessati: «Mancano, o quasi, alcune nazionalità “cardine” del lavoro domestico come Filippine, Ecuador, Perù e alcuni Paesi dell’Est. Invece troviamo molte richieste per colf provenienti da Marocco e Cina», osserva Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina. Le nazionalità più frequenti, nell’ordine, sono: Marocco (10,2%), Ucraina (10,1%) e Bangladesh (9,8%). Richiesta la messa in regola anche di 4.697 colf e badanti cinesi. Tra i datori, invece, a fronte del 74% italiani, ce ne sono 2.059 cinesi (il 3,3%) e 1.688 (2,7%) di origine marocchina. «Il rischio è che si tratti di regolarizzazioni fittizie, cioè di persone che sfruttano la sanatoria per ottenere il permesso di soggiorno», dice Gasparrini. Pratiche illegali che mettono a rischio le famiglie che si prestano a farle: «Ci sono i controlli della questura e non è escluso che l’Inps chieda conto dei contributi».

L’impatto economico dell’emersione

È proprio sui costi e sui benefici di questa sanatoria che si concentra l’ultimo studio della Fondazione Leone Moressa. Secondo il report (si veda il grafico a centro pagina) i costi della procedura, stimati in 75,2 milioni di euro nel Dl Rilancio, diverranno sostenibili dalle 200mila adesioni in su: sotto questa soglia resta negativo il saldo tra costi e contributi immediati derivanti dalla regolarizzazione. È previsto, infatti, un forfait da 500 euro se è il datore a voler assumere un cittadino straniero (80% dei casi, secondo il ministero), oppure di 130 euro se a far domanda è un lavoratore con permesso scaduto dal 31 ottobre 2019. Non vengono considerate, invece, le somme dovute a titolo retributivo, contributivo e fiscale, che andranno determinate con decreto ministeriale. A queste cifre poi bisogna aggiungere i benefici fiscali indiretti: tra contributi assistenziali e previdenziali, Irpef e addizionali locali, la stima delle possibili entrate fiscali varia da 194 a 389 milioni di euro su base annua, in base al numero di adesioni.

«Giudichiamo positivamente la sanatoria, ma la sua portata è ancora troppo limitata: riguarda un 10% di irregolari nel settore domestico», spiega Gasparrini. La crisi dei redditi generata dall’emergenza Covid-19, poi, potrebbe frenare il successo della procedura: «Alle famiglie che aderiscono - chiosa Gasparrini - è richiesto uno sforzo economico prolungato, al quale in questo momento molti non possono far fronte».

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