Agevolazioni

Studi associati, i rimborsi chilometrici rischiano una deducibilità ridotta

di Giorgio Gavelli

Con la decisione 137/02/2020 la commissione tributaria di Reggio Emilia (presidente Montanari, relatore Nuccini) si è pronunciata sul caso dei rimborsi chilometrici riconosciuti dagli studi professionali ai propri associati quando questi ultimi utilizzano la propria auto per delle trasferte di lavoro. A questa fattispecie, secondo la commissione, si applica l’articolo 164, comma 1, lettera b), del Tuir, secondo cui la deducibilità dei costi relativi agli autoveicoli per gli studi associati è consentita nella misura del 20% e limitatamente a un solo veicolo per ogni associato.

Questa conclusione - peraltro non inedita, essendo stata in passato affermata dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso (decisione 10/08/2015) - oblitera completamente la distinzione esistente tra veicoli intestati agli studi associati e utilizzati in modo promiscuo (lavorativo e personale) dai vari professionisti e veicoli di proprietà dei singoli associati, i quali si limitano a richiedere allo studio il rimborso dei soli chilometri di cui è dimostrata la percorrenza per finalità proprie dell’attività professionale. Vediamo perché.

Le soluzioni operative

Le associazioni professionali possono essere intestatarie della carta di circolazione di autoveicoli (Cassazione 8853/2007 e circolare ministero Trasporti 51431/2010) ma la situazione, come ogni “comproprietà”, è assai scomoda. Per far sì che questi beni possano partecipare, quali componenti negativi, alla formazione del reddito dell’associazione, nella prassi si adottano, alternativamente, le seguenti soluzioni operative:

1.il bene viene cointestato allo studio, detraendo l’Iva nella misura del 40% (ex articolo 19-bis, comma 1, lett. c, Dpr 633/72) e deducendo, in misura pari al 20%, i costi di acquisto e di esercizio in base all’articolo 164, comma 1, lett. b) del Tuir, fermo restando che è consentita al massimo la deducibilità per tanti veicoli quanti sono gli associati;

2. l’associato consegna l’autoveicolo proprio all’associazione in comodato. Attraverso questo contratto, l’associazione utilizza il bene ed è, pertanto, legittimata a dedurre, con i limiti già ricordati, le relative spese di gestione e di manutenzione (ma non quelle di acquisto). È decisamente consigliabile registrare il contratto di comodato per attribuire data certa all’operazione;

3.l’associato (spesso, ma non sempre, privo di partita Iva personale) addebita, in base alle tariffe Aci, le spese di utilizzo dell’autovettura in conseguenza dei soli viaggi (documentati) sostenuti a favore dell’associazione professionale, la quale deduce integralmente (eventualmente nei limiti di cilindrata di cui all’articolo 95, comma 3, Tuir) tali importi che costituiscono, per l’associato, meri rimborsi patrimoniali.

La contestazione

È proprio quest’ultima la modalità contestata da alcuni uffici che ritengono indeducibili gli importi essenzialmente per le seguenti ragioni:

a) la descritta modalità sarebbe prevista dall’articolo 95, comma 3, Tuir, per i dipendenti e per gli amministratori non professionali, ma sarebbe inapplicabile al caso di specie, non essendo prevista dall’articolo 54 del Tuir;

b) l’unica modalità di deduzione possibile sarebbe quella di cui all’articolo 164 del Tuir (intestazione all’associazione professionale dei veicoli).

Ad avviso di chi scrive, tali tesi sono infondate. Nel momento in cui un costo professionale, infatti, risulta inerente all’attività, adeguatamente documentato, effettivamente pagato, l’articolo 54 del Tuir ne consente la deducibilità integrale, non sottoponendo tale spesa ad alcuna ulteriore condizione di deducibilità.

Forfait senza senso

È vero che l’articolo 164 del Tuir impone una deducibilità ridotta per le spese relative a veicoli «non strettamente strumentali» (ossia che non qualificano l’attività dell’impresa o del professionista) ma ciò concretizza, palesemente, una forfettizzazione dell’inerenza, che non ha alcun motivo di esistere nel caso delle trasferte, siano esse poste in essere da dipendenti, amministratori, professionisti o soci. Sempre che, ovviamente, la documentazione sottostante a tali trasferte sia corretta, e che sia evidente il nesso tra il viaggio dell’associato e l’attività svolta dallo studio (inerenza). Sostenendo la deducibilità dei costi sostenuti al 20%, la commissione reggiana ha indirettamente forfettizzato l’uso personale all’80%, applicandolo su un importo che invece rappresentava, integralmente, costi della sola attività professionale. Se non vi è uso personale (come nel riaddebito analitico) la forfettizzazione dell’inerenza non ha alcun senso.

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