Contenzioso

Contratto di lavoro da rescindere se il concorso pubblico si è basato su una norma dichiarata incostituzionale

di Silvano Imbriaci

Può il nesso tra procedura concorsuale pubblica e rapporto di lavoro con l'amministrazione attivato all'esito di questa, portare all'annullamento del contratto individuale in caso di illegittimità costituzionale della norma in base alla quale era stato pubblicato il bando di concorso?

A questa domanda dà una risposta la sentenza 14032/2016 della Cassazione (sezione lavoro), resa in una vicenda riguardante la risoluzione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato tra una Asl e un dirigente medico classificato in posizione utile nella relativa graduatoria.

La questione è rilevante, in quanto investe anche i profili della stabilizzazione dei rapporti di lavoro a termine (il concorso era riservato a dirigenti medici già in rapporto di lavoro con la Asl ma a tempo determinato) e il disposto normativo contenuto nel Dl 98/2011, che all'articolo 16, comma 8, prevede la nullità di diritto delle assunzioni avvenute in base a norme dichiarate costituzionalmente illegittime ivi comprese quelle derivanti dalla stabilizzazione o trasformazione dei contratti a termine.

E' evidente peraltro che nella questione occorre considerare il principio in base al quale le sentenze di illegittimità costituzionale non spiegano i loro effetti anche nei confronti dei rapporti “esauriti”, ossia di quelle situazioni già consolidate in virtù di provvedimenti amministrativi divenuti irrevocabili, definitivi, inoppugnabili.

Sul bilanciamento di queste opposte esigenze si muove la motivazione della sentenza della Cassazione, a fronte della dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale in base a cui era stato indetto il concorso (riservato) che aveva portato all'assunzione del lavoratore con contratto a tempo indeterminato.

Ebbene, secondo la Cassazione, fermo restando che l'efficacia delle sentenza di accoglimento della Corte costituzionale non retroagisce fino al punto di travolgere le situazioni giuridiche irrevocabili o comunque i rapporti giuridici esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per il verificarsi di decadenze processuali o di altro evento che determina il definitivo consolidamento del rapporto medesimo, è lecito chiedersi se nella fattispecie possa dirsi esaurito un rapporto giuridico (in questo caso di lavoro) in presenza dell'approvazione della graduatoria e in assenza di impugnazione nei termini di legge della stessa.

Nel dare risposta negativa, la sezione lavoro osserva che gli atti delle procedure concorsuali per l'assunzione di dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nella fase di passaggio dalla procedura pubblica di scelta del lavoratore e fase successiva privatistica della mera gestione del rapporto, hanno una natura sostanziale bivalente: di proposta al pubblico, quanto al bando di concorso e di atto di individuazione del futuro contraente, quanto alla graduatoria finale. Il versante pubblicistico della procedura e quello privatistico sono dunque intrinsecamente connessi, poiché la procedura concorsuale costituisce atto presupposto del contratto individuale.

Una volta approvata la graduatoria e sottoscritto il contratto individuale, se da una parte cessa il potere di autotutela o di ripensamento da parte dell'amministrazione (in questo senso si tratta di atti definitivi), tuttavia non cessa la possibilità, da parte del datore di lavoro pubblico, di far valere situazioni di difetto del vincolo contrattuale derivanti dall'annullamento delle operazioni concorsuali per effetto della illegittimità della norma a monte. In altre parole, il rapporto di lavoro individuale resta sempre condizionato alla validità dell'atto presupposto e ciò impedisce che si possa parlare di rapporto esaurito. Altrimenti sarebbe avallata una situazione di illegittimità equivalente a quella dell'accesso al pubblico impiego in assenza di concorso al di fuori delle ipotesi consentite. E l'interesse sotteso a questo principio è nettamente prevalente rispetto all'esigenza di tutelare la definitività della graduatoria.

In questo senso non ha alcun rilievo stabilire se la norma contenuta nel Dl 98/2011 abbia valore retroattivo oppure no. Semplicemente, si tratta di una disposizione ricognitiva di un principio (quello sopra esposto) già immanente nell'ordinamento e deducibile sulla base della verifica dell'efficacia delle sentenze della Corte costituzionale, in un quadro più ampio rappresentato dalla necessità di assicurare il buon andamento e l'imparzialità della pubblica amministrazione mediante il ripristino, in ogni tempo, della situazione di legalità attraverso la rimozione degli atti affetti da nullità

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