Contenzioso

Illegittimo il licenziamento dell’autista sotto effetto di stupefacenti, se non è dimostrata l’alterazione psicofisica

di Alberto De Luca e Claudia Cerbone

Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 13 giugno 2017, ha statuito che non legittima il licenziamento la condotta del conducente di autobus che faccia uso di stupefacenti, se non è contestato e dimostrato lo stato di alterazione psicofisica del lavoratore registrato nello svolgimento delle mansioni. Nello specifico, il lavoratore, era stato sottoposto agli accertamenti tossicologici periodici prescritti dalla Legge (art. 41 del D.lgs. 81/2008) per le mansioni c.d. a rischio, all'esito dei quali era emerso che lo stesso avesse fatto uso di metabolica THC (cannabis) e, conseguentemente, era stato dichiarato dal medico competente temporaneamente inidoneo allo svolgimento della mansione, per poi essere successivamente licenziato, a seguito di procedimento disciplinare.

Partendo proprio dal contenuto della contestazione disciplinare, il Giudice di merito ha osservato come il lavoratore fosse stato destituito dal servizio sulla base del mero assunto che lo stesso avesse fatto volontariamente uso di droghe e sostanze stupefacenti, senza che tuttavia fosse stato accertato che il comportamento pregresso del lavoratore potesse anche solo potenzialmente mettere a rischio la pubblica incolumità e, dunque, risultare effettivamente incompatibile con le mansioni eseguite.

Il panorama normativo sul quale il Tribunale ha sviluppato le proprie argomentazioni si incentra sulla presenza o meno dell'accertamento dello status di tossicodipendenza del lavoratore. In particolare, secondo quanto previsto dall'art. 125, comma 3° del D.P.R. n. 309/1990, il lavoratore risultato tossicodipendente deve essere abito a mansioni diverse da quelle a rischio, con diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo fino a tre anni, qualora lo stesso si sottoponga a cure riabilitative. Viceversa nel caso di assunzione di sostanze stupefacenti in assenza di tossicodipendenza non vi sono (verosimilmente) disposizioni legislative che preservino il posto di lavoro; per altro verso, va rilevato che l'art. 45 all. A) R.D. n. 148/1931, punisce chi “durante il servizio in funzioni attinenti alla sicurezza dell'esercizio, è trovato in stato di ubriachezza” rimettendo di fatto la determinazione di una possibile conseguenza disciplinare alla discrezione del datore di lavoro.

In quest'ottica, dunque, la questione giuridica viene risolta dal Tribunale di Milano applicando per analogia al caso di specie la richiamata norma di cui all'art. 45 all. A) R.D. n. 148/1931, nel senso che, ai fini della legittimità del licenziamento, non è sufficiente riscontrare la mera presenza di sostanze alcoliche o psicotrope, anche al di sopra del limite consentito, qualora l'assunzione sia sporadica o saltuaria e comunque risalente rispetto al momento in cui deve essere eseguita la prestazione, ma deve risultare una effettiva alterazione psicofisica delle capacità del lavoratore al momento dell'esecuzione della mansione, alterazione che, tra l'atro, se non contestata in fase disciplinare, preclude la possibilità di tenere conto in sede giurisdizionale, al fine della valutazione della legittimità del licenziamento.

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