Contenzioso

Il manager non è dipendente se non è sottoposto al controllo del datore

di Massimiliano Biolchini e Serena Fantinelli

Non è lavoratore subordinato ma autonomo il manager che, nello svolgimento del ruolo di direttore generale, non è soggetto al potere di controllo, comando o disciplina di alcun organo aziendale, e ciò indipendentemente dal fatto che il lavoratore svolga in concreto le funzioni proprie di direttore generale o quelle di amministratore delegato.

Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la sentenza 12335/2018, decidendo sul ricorso di un lavoratore che, dopo anni di collaborazione con una società multinazionale, aveva agito per il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro, adducendo di avere svolto funzioni di direttore generale in virtù di contratti a progetto e di consulenza, senza che il conferimento del ruolo di amministratore fosse avvenuto secondo le formalità previste a tale scopo.

Il lavoratore, in particolare, aveva sottolineato come all'interno dell'azienda il suo ruolo fosse stato quello di direttore generale, assoggettato a limiti come gli altri dirigenti dell'azienda, e in particolare a vincoli di budget, seppure in misura superiore agli altri, e che comportavano la necessità di ottenere autorizzazioni da parte di un responsabile aziendale a livello europeo.

Il manager è risultato vincitore in primo grado, ma poi in sede di appello la Corte ha rilevato come, sia che lo si volesse ritenere direttore generale della società, sia che lo si volesse individuare quale amministratore delegato, la mancata sottoposizione ai poteri di controllo, comando o disciplina tipici del datore di lavoro ostava al riconoscimento della natura subordinata del rapporto.

Investita della questione, la Corte di cassazione ha confermato la pronuncia resa dalla Corte di appello, respingendo definitivamente le pretese del lavoratore, avendo ritenuto non sussistente la natura subordinata del rapporto di lavoro indipendentemente dalle modalità di conferimento dell'incarico e del tipo di contratto utilizzato per costituire e regolare la relazione.

La Suprema corte, in particolare, ha ribadito come “l'elemento indefettibile del rapporto di lavoro – e criterio distintivo nel contempo rispetto a quello autonomo – è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato”.

Pertanto, ai fini della distinzione tra prestazione autonoma e subordinata, non può prescindersi dalla valutazione dell'elemento della subordinazione, l'unico indefettibile e che sussiste solo in caso di comprovato esercizio di un potere direttivo, organizzativo e disciplinare da parte del datore di lavoro nei confronti del prestatore.

In assenza dell'esercizio di tale potere, infatti, a nulla valgono le valutazioni inerenti altri elementi del rapporto di lavoro, quali la collaborazione, l'osservanza di un orario di lavoro, la continuità della prestazione lavorativa, l'inserimento della prestazione nell'organizzazione aziendale, il coordinamento con l'attività imprenditoriale, l'assenza di rischio e la forma della retribuzione: tali elementi, infatti, hanno un carattere solo sussidiario e funzione meramente indiziaria (si veda Cassazione 10629/2009), e seppur caratterizzanti la prestazione non possono sopperire l'assenza del vincolo della subordinazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©