Contenzioso

Differenze salariali da colmare se cambia il Ccnl di riferimento

di Angelo Zambelli

Un aspetto spesso trascurato dai datori di lavoro in sede di stipulazione del contratto individuale di lavoro, ossia la modalità con cui viene disposto il rinvio alla contrattazione collettiva, è stato oggetto di una recente sentenza (la n. 15 del 12 settembre 2019) della sezione lavoro del Tribunale di Forlì.
Nel caso di specie le parti avevano disposto tale rinvio mediante una clausola nella quale si faceva riferimento al «Ccnl Assicurazioni Sna-Unapass applicato dall'azienda» non limitandosi a richiamare invece - e più genericamente - il Ccnl applicato dal datore di lavoro.
La questione portata all'attenzione dei giudici sorgeva nel momento in cui il Ccnl al quale il contratto individuale faceva riferimento veniva a scadenza e le parti sindacali datoriali (Sna – alla quale aderiva il datore - e Unapass) decidevano di stipulare separatamente dei nuovi Ccnl con differenti controparti sindacali: Sna stipulava un nuovo Ccnl con le OO.SS. Fesica/Fisals, mentre Unapass concludeva un diverso Ccnl con le sigle Fisac Cgil, Fiba Cisl e Uilca Uil.
Il datore di lavoro, preso atto del nuovo assetto della contrattazione collettiva di settore, sin dalla stipula del nuovo Ccnl da parte della propria associazione di appartenenza (la Sna) applicava la disciplina da quest'ultimo prevista ai rapporti di lavoro con i suoi dipendenti. Proprio in questo risiedevano le doglianze di una lavoratrice, la quale agiva in giudizio rivendicando il pagamento delle differenze retributive connesse al trattamento economico peggiorativo previsto dal nuovo contratto collettivo applicato dall'azienda rispetto a quello derivante dall'applicazione del Ccnl venuto a scadenza e richiamato nel contratto individuale. Dopo aver ripercorso gli esiti interpretativi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità sulle differenze tra il rinvio formale (ossia quello che fa riferimento alla fonte normativa astrattamente considerata e che vale a richiamare la disciplina posta da quest'ultima quale che sia il relativo contenuto di volta in volta rinnovato) e quello materiale, il Tribunale di Forlì ha ritenuto che la clausola di rinvio contenuta nel contratto individuale di lavoro fosse di quest'ultimo tipo, in quanto volta a recepire esclusivamente la disciplina materiale posta dalla fonte richiamata (nella specie quella contenuta nel Ccnl stipulato anni prima congiuntamente da Sna e Unapp, sebbene scaduto e non rinnovato) e ha pertanto condannato il datore a risarcire alla lavoratrice le differenze retributive tra quanto percepito in applicazione del nuovo Ccnl stipulato da Sna nel 2014 e quanto pattuito in sede di stipulazione del contratto individuale, che richiamava il Ccnl Sna-Unapass del 2007.
La pronuncia in questione, per quanto compiutamente argomentata mediante un'accurata ricostruzione della vicenda e un richiamo alla giurisprudenza consolidata, pecca tuttavia di un approccio eccessivamente formalistico, che trascura – forse volutamente - di indagare le reali intenzioni delle parti (soprattutto di quella datoriale) al momento della stipula del contratto individuale di lavoro. Visti i margini d'incertezza che la clausola presentava, appare davvero arduo (e confligge con l'idea stessa di contrattazione collettiva) concludere che un datore possa aver voluto vincolarsi per tutta la durata del rapporto di lavoro all'applicazione di una disciplina collettiva “statica” e immutabile nel tempo che la sua stessa associazione sindacale di appartenenza non ha voluto rinnovare e, anzi, ha voluto sostituire con una nuova disciplina.
Una cosa, tuttavia, è certa: la clausola non era certamente “felice” e il datore di lavoro avrebbe facilmente evitato la controversia strutturando la stessa con un rinvio alla contrattazione collettiva in maniera inequivoca, ad esempio mediante un riferimento generico al Ccnl applicato dall'azienda tempo per tempo vigente.

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