Contenzioso

Doppio termine per i ricorsi dei dirigenti solo per nullità

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Il doppio termine di decadenza introdotto dal Collegato lavoro in materia di invalidità dei licenziamenti si applica ai dirigenti con riferimento alle sole ipotesi di nullità previste dall’articolo 18, comma 1, dello Statuto dei lavoratori. Viceversa, alla impugnazione del licenziamento dei dirigenti nelle ipotesi di “ingiustificatezza” previste e sanzionate dai contratti collettivi non opera il regime della legge n. 183/2010 sulla decadenza stragiudiziale (60 giorni) e giudiziale (ulteriori 180 giorni).

La Cassazione ha raggiunto questa conclusione (sentenza n. 395/2020, depositata ieri) sulla base del rilievo che il riferimento alla espressione “invalidità” previsto dal Collegato lavoro vada interpretato in senso stretto, riferendosi ai soli licenziamenti la cui illegittimità sia foriera di produrre la reintegrazione.

L’articolo 32, comma 2, della legge 183/2010 ha esteso l’applicazione della nuova disciplina sulla decadenza «anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento», ponendosi la questione se, in tale definizione, rientrassero anche le ipotesi di mera ingiustificatezza del licenziamento dei dirigenti.

La Corte di legittimità parte dal rilievo che, in questi casi, non si applica il rimedio della reintegrazione, ma il mero regime di tutela indennitaria previsto dai contratti collettivi (la cosiddetta “indennità supplementare”). Da questo assunto deriva la conclusione per cui, non essendo prevista la ricostituzione del vincolo contrattuale al licenziamento privo di giustificatezza dei dirigenti, non si rientra nel perimetro di “invalidità dei licenziamenti” per il quale opera il regime decadenziale del Collegato lavoro.

La Cassazione osserva che le finalità di certezza e celerità del giudizio, che sono alla base del doppio regime di decadenza per i licenziamenti invalidi da cui consegue la reintegrazione sul posto di lavoro, sono estranee alla tutela indennitaria convenzionale prevista per i licenziamenti ingiustificati dei dirigenti. Ne deriva che il riferimento alla invalidità dei licenziamenti deve essere inteso in senso restrittivo, con riferimento limitato alle ipotesi in cui dal vizio che affligge il recesso datoriale derivino la possibile rimozione dei suoi effetti e la ricostituzione del vincolo contrattuale.

In altre parole, precisa la Cassazione, la nozione di invalidità alla base del Collegato lavoro presuppone un atto datoriale «inidoneo ad acquisire pieno ed inattaccabile valore giuridico», dalla cui sfera solo esclusi i licenziamenti ingiustificati dei dirigenti. A essi è, infatti, associata la sola tutela risarcitoria dell’indennità supplementare, senza che l’atto del licenziamento perda la sua validità.

Nel caso in cui, invece, il licenziamento del dirigente sia affetto da un vizio di nullità e ricada, quindi, nella tutela reintegratoria prevista dall’articolo 18, comma 1, dello Statuto dei lavoratori, anche per esso opera il doppio termine di decadenza quale conditio sine qua non per la celebrazione del procedimento.

Sulla scorta di questi principi, la Cassazione ha riformato la sentenza della corte d’appello di Firenze, la quale, ritenendo il doppio termine di decadenza applicabile ai licenziamenti “ingiustificati” dei dirigenti, aveva respinto la domanda per non essere stato rispettato il termine giudiziale per il deposito del ricorso.

La sentenza n. 395/2020 della Corte di cassazione

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©