Contenzioso

Infortuni: anche l’impiego di minore personale e la mancata formazione fanno scattare la responsabilità ex «231»

di Mario Gallo

Continua ancora incessantemente a ingrossarsi il filone giurisprudenziale in materia di responsabilità amministrativa delle società e degli enti in genere, prevista dal Dlgs n.231/2001, in dipendenza della violazione delle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
Questa volta a finire sotto i riflettori della Cassazione, sez. IV pen., 29 gennaio 2020, n. 3731 (Ud. 7 novembre 2019), è un infortunio sul lavoro risalente al 2009.
Da quanto è stato accertato è emerso che all'interno di una centrale elettrica stava lavorando A.P., dipendente a tempo determinato dell'agenzia di lavoro O.L., con mansioni di operaio addetto all'assemblaggio (imbracatore), in missione per effetto del contratto di somministrazione con una Srl che aveva avuto in appalto da un’altra azienda il nolo "a caldo" dei mezzi di sollevamento, in relazione all'attività di sollevamento di sacchi di sale e di trasporto degli stessi in appositi siti.
Quasi al termine dell'orario di lavoro A.P. stava conducendo un muletto con il quale sollevava i pesanti sacchi pieni di sale e li portava sino al luogo indicato per lo stoccaggio temporaneo ma servendosi di un percorso diverso da quello previsto per la fase di lavoro, il mezzo si ribaltava e il lavoratore "mulettista" perdeva la gamba sinistra.
La causa del ribaltamento è stata individuata in un'improvvisa manovra di svolta a destra del conducente, che stava guidando il mezzo a velocità eccessiva.
La Corte d’appello di Lecce il 26 ottobre 2018, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi, riconosceva come responsabili il datore di lavoro della Srl e il capocantiere nella sua veste di preposto, in cooperazione colposa, del reato di lesioni gravissime nei confronti del lavoratore A.P., con violazione della disciplina antinfortunistica (articolo 590 del Codice penale).
Inoltre, la Srl veniva riconosciuta responsabile dell'illecito amministrativo di cui all'articolo 25-septies, comma 3, del Dlgs n. 231/2001.

L’interesse o vantaggio per la società
I giudici di legittimità nel respingere i ricorsi hanno tenuto a precisare nuovamente che, in sintesi, per quanto riguarda la responsabilità amministrativa da reato degli enti, i criteri d'imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell'articolo 5 del Dlgs n.231/2001, all'interesse o al vantaggio, sono alternativi e concorrenti tra loro in quanto il criterio dell'interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile "ex ante", cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile "ex post" sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito.
Quindi, secondo i giudici "interesse" e "vantaggio" sono concetti giuridicamente diversi, potendosi «ipotizzare un interesse prefigurato come discendente da un indebito arricchimento e magari non realizzato e, invece, un vantaggio obiettivamente conseguito tramite la commissione di un reato».

Risparmio di spesa attraverso l’impiego di minore manodopera non formata
In tale prospettiva, pertanto, ricorre il requisito dell'interesse qualora l'autore del reato abbia «consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un'utilità per l'ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto».
Viceversa il requisito del "vantaggio" per l'ente ricorre quando la «persona fisica, agendo per conto dell'ente, anche in questo caso, ovviamente, non volendo il verificarsi dell'evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionali e, dunque, ha realizzato una politica d'impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto».
Nel caso di specie si era determinata una situazione in cui veniva reiteratamente impartito l'ordine «per un certo periodo dal capocantiere dipendente della società ad A.P. di svolgere un'attività pericolosa per la quale non era formato né abilitato», comportando secondo i giudici un risparmio di spesa per la società derivante «dall'impiegare un solo lavoratore, peraltro non formato, in luogo di due, di cui uno con una qualifica specializzata».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©