Contenzioso

Reato di illecita concorrenza contro la libertà d’impresa

di Patrizia Maciocchi

Perché scatti il reato di illecita concorrenza con violenza o minaccia è necessario compiere atti di concorrenza che, messi in atto nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale o, comunque produttiva, siano connotati da violenza o minaccia e idonei a contrastare od ostacolare la libertà di autodeterminazione dell’impresa concorrente.

Le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 13178, motivano la decisione, anticipata il 2 dicembre 2019 con un’informazione provvisoria.

I dubbi riguardavano il perimetro applicativo dell’articolo 513-bis del Codice penale.

Le Sezioni unite sono state chiamate a chiarire se la norma reprime solo le condotte tipicamente concorrenziali, come descritte dall’articolo 2598 del Codice civile “rafforzate” dalla violenza o dalla minaccia, oppure se il raggio d’azione si estende anche alle intimidazioni comunque idonee ad impedire al concorrente di scegliere liberamente la sua “linea” imprenditoriale.

Secondo un primo indirizzo, basato su un’interpretazione letterale della norma, l’elemento oggettivo del reato consisterebbe nella sola repressione delle condotte illecite tipicamente concorrenziali e competitive, dal boicottaggio, allo storno dei dipendenti, fino al rifiuto di contrattare, mentre sarebbero fuori dal raggio d’azione dell’articolo le intimidazioni per ostacolare la libera concorrenza messe in atto però al di fuori dell’attività concorrenziale, come ad esempio i casi di diretta aggressione ai beni dell’imprenditore o alla sua persona. Una tesi che guarda alla ratio della norma di tutela della libera concorrenza.

Con un secondo orientamento si tendeva a un’applicazione generalizzata della tutela, proiettata non solo al di fuori del contesto della criminalità organizzata, a cui guardava il legislatore che l’ha scritta nel 1982, ma anche verso atti di concorrenza atipici e comunque non circoscritti nella concorrenza sleale come disegnata dal codice civile.

Le sezioni unite valorizzano però un terzo orientamento teso a dare una definizione del concetto di “atti di concorrenza” di più ampio respiro, basandosi sia sull’evoluzione della normativa interna sia europea in tema di tutela della concorrenza.

È evidente che tutte le imprese tendono ad affermare la loro supremazia sul mercato, dunque se lo scopo è uguale la differenza la fa il mezzo, contrario alla correttezza professionale. La tutela riguarda i rapporti di competizione economica, anche solo potenziale, guardando non solo ai settore merceologici, ma anche ai mercati di sbocco, fino alla competizione tra chi un’attività economica la deve ancora iniziare.

L’operatività della norma è dunque ampia e si estende verso qualsiasi attività orientata all’offerta di prodotti e servizi su un certo mercato. Altrettanto vasta è la platea dei soggetti attivi o passivi del reato che non va intesa in senso formale.

Non occorre dunque la qualità di commerciante, industriale o produttore, ma basta che l’attività svolta si inserisca nella dinamica commerciale, industriale o produttiva.

Le Sezioni unite chiariscono anche che il reato di illecita concorrenza non è assorbito dall’estorsione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©