Contenzioso

Trasferte con tassazione a due vie

di Nicola Fasano


Parzialmente imponibili le indennità di trasferta erogate dal datore di lavoro ai dipendenti addetti a cantieri che svolgono attività di manutenzione e ristrutturazione presso aziende clienti con sedi in varie località. Tali indennità hanno natura mista, restitutoria (non imponibile) e retributiva (tassabile), la cui individuazione e quantificazione spetta al giudice di merito, a prescindere dalla terminologia utilizzata nella contrattualistica collettiva o dalle parti. Queste le conclusioni della sentenza di Corte di cassazione 14047/2020.

In particolare, l'agenzia delle Entrate aveva contestato per gli anni dal 2001 al 2005 l'omessa esecuzione delle ritenute da parte del sostituto di imposta su parte delle retribuzioni corrisposte ai propri lavoratori dipendenti in trasferta. In sostanza, secondo l'amministrazione finanziaria, poiché la trasferta è caratterizzata dalla temporaneità del mutamento del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, ai fini della corretta applicazione dell'articolo 51, comma 5, del Tuir e delle relative agevolazioni, sarebbe necessario che la sede di assunzione del dipendente sia anche il luogo in cui il lavoratore è chiamato normalmente a svolgere la propria attività lavorativa (cosiddetta “sede di lavoro”).

Pertanto, laddove la sede di assunzione costituisce un mero riferimento per la gestione burocratica del rapporto di lavoro e il dipendente è chiamato normalmente a svolgere la propria attività in altro luogo, le somme corrisposte dall'azienda a titolo di indennità di trasferta e di rimborso chilometrico non beneficiano dell'esenzione prevista nei limiti dell'articolo 51.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, invece, aveva condiviso le ragioni della società, tenuto conto del tipo di attività svolta da quest'ultima, consistente in lavori di manutenzione e ristrutturazione presso aziende clienti con sedi in diverse località, che rendeva necessario e fisiologico lo spostamento dei dipendenti da una sede all'altra. Di conseguenza era ragionevole concludere che parte della relativa retribuzione corrisposta ai dipendenti avesse natura risarcitoria e fosse quindi esclusa dall'imponibile fiscale.

La Cassazione non è dello stesso avviso e, con una presa di posizione intermedia, censura la sentenza di secondo grado ritenendo oramai pacifico che la retribuzione tassabile del dipendente include non solo il corrispettivo della effettiva prestazione di lavoro, ma, in senso più ampio, anche quanto erogato a fronte dell'impegno complessivo e personale del dipendente.

La Suprema corte, con specifico riferimento alla prestazione lavorativa in situazione di trasferta, ribadisce come quest'ultima normalmente crei un maggior disagio che deve essere appositamente compensato, sicché la relativa indennità generalmente ha una duplice funzione, risarcitoria o meglio restitutoria delle maggiori spese sopportate nell'interesse del datore di lavoro, e retributiva del maggior disagio, dovendosi ritenere oramai superato il precedente e datato indirizzo giurisprudenziale che porterebbe a considerare come interamente retributivi i compensi corrisposti ai dipendenti in trasferta (Cassazione 364/1987).

Spetta poi al giudice di merito l'individuazione delle due componenti, restitutoria e risarcitoria, a prescindere dal nomen juris utilizzato in sede contrattuale o dalle parti.

Sentenza 14047/2020

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