Contenzioso

Rider, il potere direttivo si incarna nella App

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di Maurizio Del Conte

I rider non sono soggetti alla disciplina dei rider. Così, in una battuta, si potrebbe sintetizzare la decisione assunta dal tribunale di Palermo con la sentenza del 24 novembre, che ha qualificato come lavoratore subordinato ex articolo 2094 del Codice civile un ciclofattorino che, per un paio di anni, aveva lavorato con una piattaforma di food delivery.

Naturalmente la questione è più complessa e merita di essere inquadrata nel più ampio contesto in cui è maturata. Da che hanno fatto la loro comparsa nelle strade delle più grandi città italiane, i ciclofattorini hanno suscitato l’attenzione mediatica e, a stretto giro, del legislatore, che per qualche tempo si è interrogato sul se e sul come regolare questo nuovo fenomeno.

Modalità di lavoro faticose, esposizione alle intemperie e ai rischi del traffico urbano, compensi risicati come spesso avviene quando si aprono nuovi mercati, hanno fatto dei rider la rappresentazione più visibile e simbolica del lavoro povero di ultima generazione, frutto del diffondersi delle piattaforme digitali.

Va detto che le modalità di relazione contrattuale tra i rider e le piattaforme non sono sempre uguali, variando in funzione del modello di business adottato dai diversi operatori. E, tuttavia, prevale la propensione delle piattaforme a non assumerli come propri dipendenti, al fine di minimizzare i costi indiretti del lavoro e di massimizzare la flessibilità gestionale e organizzativa in funzione della volatilità della domanda dei servizi offerti ai propri clienti.

Nel tentativo di introdurre nuove tutele e mettere fine alle incertezze, la legge 128 del 2019 ha, da un lato, esplicitamente ricompreso le prestazioni di lavoro organizzate mediante piattaforme digitali nell’ambito dei cosiddetti rapporti di lavoro etero-organizzati (articolo 2 del Dlgs 81/2015), ai quali si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato; dall’altro lato, ha tipizzato ex novo la figura professionale dei rapporti di lavoro autonomo di chi svolge attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali, ai quali sono riconosciute alcune limitate tutele, prevalentemente in materia retributiva, assicurativa e sindacale.

Ebbene, pur in presenza di tale specifica disciplina riservata alla figura archetipica del rider, il Tribunale di Palermo ha deciso la controversia ignorando la legge del 2019 e facendo, invece, ricorso alla generale categoria del lavoro subordinato, rinvenendo nel caso di specie le caratteristiche della etero-direzione, così come individuate dall’articolo 2094 del Codice civile.

Secondo il giudice del lavoro del capoluogo siciliano, la disposizione codicistica deve essere reinterpretata «in modo evolutivo per applicarla o escluderne l’applicazione al lavoro su piattaforma digitale, che, in sé, ben può essere subordinato». In particolare, secondo questa lettura, l’organizzazione del lavoro operata in modo esclusivo sulla piattaforma digitale si traduce, oltre che nell’integrazione del presupposto della etero-organizzazione, anche nella messa a disposizione del datore di lavoro da parte del lavoratore delle proprie energie e nell’esercizio da parte della piattaforma stessa di poteri di direzione e controllo, oltre che di natura latamente disciplinare, che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie del lavoro subordinato ex articolo 2094. Dunque, seguendo questo ragionamento, il potere direttivo, disciplinare e di controllo trovano nuove forme espressive attraverso le piattaforme digitali, senza perciò perdere il loro valore qualificatorio della fattispecie.

A ben vedere, riaffiora nelle parole del giudice di Palermo l’impianto argomentativo proposto dal pretore di Milano in una celebre sentenza del 1986 che, dovendo risolvere una controversia in tema di qualificazione del rapporto di lavoro di un motofattorino, aveva sostenuto la necessità di reinterpretare l’articolo 2094 del Codice civile alla luce dei nuovi modelli organizzativi dell'impresa moderna. Quell’orientamento, assai innovativo per l’epoca, non fu però seguito dalla giurisprudenza successiva, che negò la possibilità di interpretare estensivamente la nozione di eterodirezione scolpita nel Codice civile, orientandosi invece, progressivamente, nel senso di valorizzare, ai fini del riconoscimento della subordinazione, gli elementi della etero-organizzazione della prestazione lavorativa.

Etero-organizzazione che l’articolo 2 del Dlgs 81/2015 ha considerato come condizione sufficiente per l’estensione della disciplina del lavoro subordinato e sulla base del quale sia la Corte di appello di Torino che la Corte di cassazione, nella sentenza 1663/2020, hanno fondato le decisioni in analoghi casi riguardanti i rider. Difficile ora prevedere l’ulteriore evoluzione giurisprudenziale in materia e, in particolare, se la Corte di cassazione muterà il proprio indirizzo alla luce della sentenza del Tribunale di Palermo. Resta il fatto che, almeno finora, la nuova disciplina micro settoriale per i ciclofattorini è stata ignorata proprio dai diretti interessati.

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