Contenzioso

Decadenza e riliquidazione delle prestazioni previdenziali

di Silvano Imbriaci

La proposizione di azioni giudiziarie per il conseguimento di trattamenti pensionistici o di prestazioni temporanee è fattispecie regolata da una normativa complessa e di difficile lettura (articolo 47 del Dpr 30 aprile 1970, n. 639, come modificato dall'articolo 4, del Dl 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438, come integrato con l'articolo 38, commi secondo lett. d) e quarto del Dl 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni nella legge n. 111/2011).

Il tema affrontato da questa sentenza della Sezione Lavoro (n. 28416 del 14 dicembre 2020) riguarda l'ambito di applicazione temporale della disciplina che regola l'applicazione della decadenza nel caso di provvedimenti di riliquidazione da parte dell'Inps (concetto, questo, che rientra nell'ambito più generale dell'inesatto adempimento nel pagamento in prima battuta di una prestazione). L'articolo 38 citato ha esteso la decadenza alle azioni giudiziarie aventi a oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, indicando due diversi momenti iniziali per il computo del termine decadenziale: il riconoscimento parziale della prestazione, nel primo caso, e il pagamento della sorte per quanto riguarda gli accessori.

L'articolo 38 pone inoltre anche una disciplina transitoria, incentrata sull'attribuzione di una limitata retroattività alle disposizioni sulla decadenza, in quanto applicabili anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del decreto (6 luglio 2011; cfr. sul punto Cass. n. 15375/2013). Proprio su questo elemento si è poi pronunciata la Corte costituzionale (sentenza n. 69/2014), che di fatto ha finito per limitare l'applicazione di detta disposizione esclusivamente alle prestazioni pensionistiche riconosciute dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 98/2011: per quanto riguarda la prassi cfr. circolare Inps 31 luglio 2014, n. 95 – con indicazione delle fattispecie applicative).

Nel caso affrontato dalla sentenza n. 28416/2020, il giudice di merito aveva rigettato l'eccezione di decadenza formulata dall'istituto previdenziale in quanto la relativa disposizione è stata considerata di natura innovativa, e quindi applicabile alle sole prestazioni successive al 6 luglio 2011 (avuto riferimento alla data di liquidazione dell'originaria prestazione).

La Sezione Lavoro della Cassazione ritiene invece corretta la valutazione dell'Inps circa l'applicabilità della decadenza anche a questa fattispecie. Il principio da applicare (già esposto in Cass. n. 7756/2016 e n. 29754/2019) è quello secondo cui il termine di decadenza introdotto dall'articolo 38 deve trovare applicazione anche con riferimento alle prestazioni già liquidate, anche se con la decorrenza dell'entrata in vigore della modifica della disposizione citata (ossia 6/7/2011). Quindi non si valuta la data di decorrenza della prestazione, quanto, attesa la natura della decadenza, la decorrenza del meccanismo impeditivo a decorrere dall'entrata in vigore della modifica normativa. In effetti, le Sezioni Unite avevano già espresso questo principio, con la sentenza n. 15352 del 2015, anche se riferito a una diversa forma di decadenza (legge n. 238/1997), in materia di tempistica per la proposizione delle domande di indennizzo per danni derivanti da emotrasfusioni. In tale caso, secondo le sezioni Unite, decorrenti i termini di decadenza dal momento in cui l'interessato abbia avuto conoscenza del danno, la norma che ha introdotto il nuovo termine di decadenza deve essere interpretata nel senso che lo stesso decorre dall'entrata in vigore della legge anche (in quel caso specifico) per le epatiti post trasfusionali contratte e accertate anteriormente alla sua emanazione. Tale principio è esportabile anche al caso affrontato oggi dalla Sezione Lavoro.

La previsione di un termine di decadenza non può avere un effetto retroattivo, e non può far considerare maturato un termine facendolo decorrere da data anteriore all'entrata in vigore della legge. Tuttavia, quando nell'ordinamento si introduce un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina ben può applicarsi alle situazioni soggettive già in essere, e la decorrenza del termine non è individuata con riferimento alla prestazione sostanziale, ma alla data di entrata in vigore della modifica legislativa. Si tratta di una soluzione che riesce a contemperare bene l'opposto interesse, a evitare che un comportamento inerte dell'assicurato produca un pregiudizio sul proprio diritto e nello stesso tempo a garantire la verifica e definizione delle situazioni pendenti, a fini esclusivamente sollecitatori. Il termine decadenziale triennale (triennale per la natura pensionistica della prestazione) si applica quindi con decorrenza dalla data della sua entrata in vigore, con l'ulteriore indicazione (non indispensabile nell'ottica della decisione ma utile) che conferma la necessità di una domanda giudiziale per impedire il decorso del termine (a tal fine è sufficiente il deposito e non anche la successiva notifica dell'atto)

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