Contrattazione

Doppio vantaggio fiscale se il premio diventa pensione

di Enzo De Fusco

Sostituire il premio di risultato con un versamento alla previdenza complementare porta al lavoratore due vantaggi: l’esenzione fiscale del versamento anche oltre i 5.164 euro e la non imponibilità fiscale della quota di prestazione che sarà riconosciuta.

La circolare 5/2018 dell’agenzia delle Entrate ha affrontato in modo dettagliato le modalità e gli effetti pratici della scelta di convertire il suo premio di risultato in un versamento alla previdenza complementare.

In primo luogo è necessario che l’accordo sindacale preveda espressamente che i lavoratori possano opzionare tale conversione.

La norma stabilisce che il dipendente ha la possibilità sostituire il premio con un versamento alla previdenza complementare «in tutto o in parte». Quindi, l’accordo sindacale potrà prevedere vincoli specifici (ad esempio una percentuale fissa al 50%), oppure piena libertà di scelta da parte del lavoratore.

La circolare spiega anche come calcolare il limite di esenzione fiscale. In questo caso le variabili sono tre.

Una prima fascia di esenzione è già garantita dalla norma generale (articolo 10, lettera e-bis del Tuir) fino a 5.164,57 euro.

Una seconda fascia è stabilità dall’articolo 1, comma 184-bis della legge di Stabilità 2016 secondo cui la sostituzione del premio di risultato con i contributi alle forme pensionistiche complementari non è soggetta a tassazione anche se i contributi superano il limite di 5.164,57 euro.

In definitiva, il lavoratore può godere di una esenzione di imposta fino a 8.164,57 euro (ossia, 5.164,57+3.000).

A queste due fasce di esenzione se ne aggiunge una terza per i lavoratori di prima occupazione: secondo i chiarimenti delle Entrate (risoluzione 131/2011) si tratta di coloro che prima del 1° gennaio 2007 non hanno alcuna posizione contributiva aperta.

Dunque, tutti i lavoratori assunti a partire da tale data, senza una posizione Inps aperta prima di tale data, possono godere di una fascia di esenzione fiscale aggiuntiva nei 20 anni successivi al 5° di partecipazione a forme di previdenza integrativa, nei limiti di 2.582,29 euro annui. Questo perché il legislatore intende far recuperare nel corso della carriera lavorativa i presunti minimi versamenti (o addirittura inesistenti) che potrebbero realizzarsi nei primi 5 anni di attività. In questo caso un giovane lavoratore potrebbe godere di una esenzione di versamento alla previdenza complementare maggiore, ossia nei limiti di 10.746,86 annui.

Per quanto riguarda la prestazione che sarà riconosciuta al lavoratore esiste la regola fiscale secondo cui la quota di rendita maturata su contributi di finanziamento che hanno goduto di esenzione fiscale dovrà essere assoggettata a tassazione in occasione della sua erogazione. Al contrario, la quota di rendita maturata su contributi di finanziamento che hanno scontato una tassazione non concorrerà alla formazione del reddito.

La sostituzione del premio di risultato nei limiti di 8.164,57 euro, o addirittura di 10.746,86 annui, avrebbe normalmente comportato la tassazione fiscale della relativa rendita. Invece è stato previsto che l’esenzione dal reddito dei contributi versati alla previdenza complementare in sostituzione dei premi di risultato conserva l’esenzione fiscale anche della prestazione pensionistica.

Analogo criterio si applica in caso di erogazione di anticipazioni o di riscatto della prestazione stessa.

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