Contrattazione

Ore di formazione invece degli ammortizzatori

di Enzo De Fusco

Nella fase 2, per le imprese c’è una alternativa alla cassa integrazione: nasce l’accordo di rimodulazione dell’orario di lavoro. Lo stabilisce il decreto legge rilancio, al fine di consentire la graduale ripresa dell'attività dopo l’emergenza epidemiologica.

Per il 2020 la norma consente alle imprese di sottoscrivere contratti collettivi di lavoro a livello aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale, ovvero con le loro rappresentanze sindacali operative in azienda, per realizzare specifiche intese di rimodulazione di orario per mutate esigenze organizzative e produttive, con le quali parte del tempo di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi.

È consentito che l’accordo sia sottoscritto a livello territoriale da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Da un punto di vista soggettivo, la norma si rivolge solo alle imprese e quindi devono ritenersi esclusi i professionisti e gli altri datori di lavoro non riconducibili alla definizione di impresa.

Il provvedimento consente una “rimodulazione” dell’orario. Quindi l’accordo non potrà incidere sulla quantità di ore ma ad esso è consentito solo di variare la destinazione di quelle già concordate, tenuto conto delle mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa. La norma vincola anche le parti sul perimetro in cui è consentita la rimodulazione, stabilendo che una parte dell’orario va finalizzato a percorsi formativi.

Quindi, ragionando sul piano concreto, se durante la fase 2 un’azienda di 100 dipendenti (corrispondenti a 208.000 ore di lavoro in un anno) è in grado di assicurare occupazione solo a 60 dipendenti (corrispondenti a 124.800 ore di lavoro in un anno), può promuovere un accordo affinchè le 83.200 ore non proficuamente utilizzabili siano destinate ad attività formativa e non in altre forme di sostegno al reddito.

Non sembrano sussistere limiti sulle modalità di gestione della rimodulazione, quindi l’accordo potrebbe applicare la formazione con un criterio a rotazione oppure con uno verticale in funzione di specifiche competenza presenti in azienda.

Le ore dedicate alla formazione sono remunerate con oneri, comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali, a carico di un apposito Fondo nuove competenze, costituito presso l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (Anpal), nel limite di 230 milioni di euro a valere sul Programma operativo nazionale Spao.

Al progetto possono partecipare i fondi paritetici interprofessionali e il Fondo per la formazione (articolo 12 del decreto legislativo 276/2003) che, a tal fine, potranno destinare al fondo costituito presso l’Anpal una quota delle risorse disponibili nei rispettivi bilanci.

Per dare piena attuazione alla norma serve un decreto del ministro del Lavoro di concerto con quello dell’Economia.

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