Contrattazione

Contratti a termine, il 21,8% non sarà rinnovato

di Giorgio Pogliotti

Il 21,8% dei lavoratori a termine e il 29% di quelli in somministrazione non verrà confermato o prorogato, ma sarà sostituito dal turnover. La platea a rischio è maggiore: il 63,7% dei contratti a termine in corso e il 70,6% di quelli in somministrazione che avrebbero potuto essere prorogati o rinnovati con le vecchie regole, ma difficilmente lo saranno per effetto delle limitazioni del decreto 87, battezzato dal vicepremier Luigi Di Maio “decreto dignità”, all’esame dell’Aula della Camera.

Il nuovo allarme arriva da un’indagine di Assindustria Venetocentro che dal 25 al 30 luglio ha coinvolto un campione di 307 imprenditori e direttori risorse umane delle province di Padova e Treviso che occupano 31.349 addetti, dei quali 2.344 a termine (7,5%) e 2.129 in somministrazione (6,8%). Aziende dove l’incidenza delle trasformazioni a tempo indeterminato dei contratti a tempo determinato è al 36,7%, più alta rispetto alla media italiana ed europea. Con il Dl 87 il contratto a termine può superare i 12 mesi di durata (senza eccedere i 24 mesi complessivi) solo con l’apposizione di causali che, però, generano il contenzioso. Dopo i 12 mesi molte aziende inseriranno nuovi addetti a termine al posto di quelli che non saranno prorogati o rinnovati per evitare le causali. Oltre 6 contratti a termine su 10 difficilmente saranno prorogati o rinnovati per la nuova disciplina.

«Si conferma la preoccupazione che ci è stata rappresentata da centinaia di aziende - dichiara Massimo Finco, presidente di Assindustria Venetocentro -. Questo provvedimento danneggia i lavoratori che si dichiara di voler tutelare, specialmente i giovani, non solo le imprese. Avrà l’effetto di ridurre le opportunità di occupazione e la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, oltre a pregiudicare l’efficienza e la competitività delle imprese, in una fase di rallentamento». Per Maria Cristina Piovesana, presidente vicario di Assindustria Venetocentro «le misure non paiono adeguate a cogliere l’obiettivo di ridurre la precarietà». Assindustria Venetocentro chiede a Governo e Parlamento di «cambiare drasticamente visione e criticità del decreto», «confrontarsi ed ascoltare le imprese che creano lavoro».

Oggi è atteso il via libera dell’Aula della Camera al Dl, il relatore Giulio Centemero (Lega) è «fiducioso che avverrà senza il ricorso alla fiducia». Debora Serracchiani (Pd) ha sollevato un grosso nodo critico, il mancato raccordo tra periodo transitorio della legge e disciplina del Dl: «Si crea incertezza e si genera contenzioso - spiega la relatrice di minoranza -. C’è un errore di partenza perché il Dl non prevedeva un regime transitorio, ma la maggioranza per “scelta politica” non vuole correggere questa impostazione sbagliata, a danno di imprese e lavoratori». Arturo Maresca (diritto del lavoro a La Sapienza di Roma) conferma: «In 4 mesi abbiamo 4 regimi diversi che continuano ad esplicare gli effetti in sede giudiziaria: il primo ante decreto legge, il secondo dall’entrata in vigore del Dl alla conversione in legge, poi il periodo transitorio al 31 ottobre, e dal 1° novembre si applica la nuova disciplina».

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