Contrattazione

Ultimi 15 giorni per rinnovare i contratti a termine senza causale

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di Giampiero Falasca

Mancano due settimane alla fine del regime transitorio del decreto lavoro (Dl 87/2018, convertito dalla legge 96/2018), la cui scadenza è fissata al 31 ottobre: durante questi 15 giorni, i datori devono compiere scelte importanti per usare bene gli spazi di flessibilità offerti dalla “finestra” aperta dal legislatore con la legge di conversione.

Il regime transitorio riguarda solo i rapporti a tempo determinato che, al 14 luglio scorso, erano già stati stipulati per la prima volta da due parti.

Pertanto – anche se la legge non brilla per chiarezza su questo punto - rientrano nel regime transitorio tanto i contratti che al 14 luglio erano in corso tra le parti, quanto i rapporti nati e conclusi prima del 14 luglio.

Sono inclusi nel regime transitorio anche i rapporti stipulati per somministrazione di manodopera.

I contratti rientranti nel regime transitorio possono essere prorogati sino a un massimo di cinque volte (invece che quattro, come prevede la riforma), e sino alla durata massima di 36 mesi (invece che 12, come ha stabilito il decreto lavoro) senza la necessità di apporre causali. Un effetto analogo si produce per i contratti a scopo di somministrazione, che possono essere prorogati secondo la disciplina del Ccnl di settore (sei proroghe per ciascun rapporto, la cui durata massima è di 36 mesi). Facciamo un esempio. Un contratto a termine viene stipulato il 1° marzo 2018, con scadenza prevista per il 30 settembre. Questo contratto era già in corso al 14 luglio e, quindi, può essere prorogato, sino a un massimo di cinque volte, senza indicazione delle causali e fino alla durata massima di 36 mesi (o quella diversa prevista dai contratti collettivi), a patto che le proroghe siano stipulate entro il 31 ottobre.

Anche i rinnovi sono più facili per i contratti che rientrano nel regime transitorio: in deroga alla nuova regola che impone sempre la necessità di una causale per la stipula di un nuovo contratto a termine, il rinnovo può essere stipulato senza indicare la causale. Usando l’esempio precedente, il contratto potrà essere rinnovato senza necessità della causale, nel rispetto del periodo di stop and go imposto dalla legge.

Le proroghe e i rinnovi restano soggette alle vecchie regole solo se sono sottoscritte entro 31 ottobre, pur potendo produrre effetti per un periodo che supera questa data.

Anche qui può essere utile un esempio. Il rinnovo di un contratto che scade il 30 settembre ed è già durato 20 mesi può avere una durata massima di 16 mesi, e non richiede la causale, se concordato entro il 31 ottobre; se invece le parti decideranno solo a novembre di rinnovare l’intesa, i mesi residui utilizzabili saranno soltanto quattro, e servirà la causale.

La scadenza del 31 ottobre non è, invece, rilevante per altre due importanti novità introdotte dalla riforma: la maggiorazione contributiva dello 0,5%, che è già entrata in vigore e si applica a tutti i rinnovi, e il limite del 30% di lavoratori flessibili, intesa come sommatoria di lavoratori a tempo determinato e somministrati (esclusi gli svantaggiati, che non hanno limite numerico) rispetto al totale di quelli in forza con contratto a tempo indeterminato. La soglia si applica solo ai contratti stipulati dal 12 agosto (data di entrata in vigore della legge di conversione). Non si applica, invece, ai contratti già in corso a tale data: anche se determinano il superamento della soglia, non sono illegittimi e possono mantenere efficacia sino alla scadenza iniziale. Il datore di lavoro dovrà però congelare ogni nuova assunzione a termine (o in somministrazione) e ogni rinnovo e proroga di tali contratti, fino a quando non rientrerà sotto il tetto del 30 per cento.

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