Contrattazione

Bancari, Fabi chiede patto occupazionale sui piani industriali

di Cristina Casadei

In banca gli accordi sindacali sui piani industriali che prevedono uscite, anche se volontarie e incentivate, dovranno prevedere assunzioni. A breve partiranno le trattative sui piani di UniCredit (5500 esuberi), Deutsche Bank (217 euberi) e Banca Popolare di Bari (900 esuberi), soltanto per citare le storie che hanno fatto parlare di più negli ultimi mesi, ma il sindacato ha già fissato il benchmark ideale. E cioè quello degli accordi che hanno previsto una nuova assunzione o stabilizzazione ogni due uscite o se si preferisce le assunzioni dovranno essere la metà delle uscite.

Ieri il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni ha spiegato che «dopo la firma per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, dobbiamo ragionare, con le banche, su un nuovo patto per l’occupazione nel settore». Guardando al 2020, Sileoni dice che «serve un progetto lungimirante volto a blindare l’occupazione in banca, con cantieri per riconvertire e riqualificare il personale». La Fabi lo proporrà nei dettagli alle altre organizzazioni sindacali dopo il 7 gennaio, per provare a trovare un’intesa unitaria sull’argomento a cominciare proprio dai piani industriali di UniCredit, Deutsche a e Popolare di Bari dove «pretenderemo un importante numero di assunzioni di giovani a fronte di uscite volontarie. In assenza di intesa con le altre organizzazioni, la Fabi procederà da sola in questa battaglia a tutela dell’occupazione del settore bancario. Nelle banche, peraltro, manca anche una scuola per manager: gli attuali amministratori delegati sono quasi vicini alla pensione e non c’è un gruppo dirigente pronto a sostituirli».

Il segretario generale della First Cisl, Riccardo Colombani, ricorda che «negli ultimi dieci anni il settore bancario ha perso 60mila posti di lavoro. Il trend non sembra destinato a invertirsi nemmeno nel 2020. Dalla Popolare di Bari a Unicredit saremo impegnati ai tavoli di trattativa per limitare il numero delle uscite e garantire che tutto avvenga nel rispetto del principio di responsabilità sociale e garantendo un coerente ricambio generazionale». Con uno sguardo più positivo al digitale e a quanto fatto degli altri paesi. «La Francia è più avanti di noi nei servizi online ma ciò non ha corrisposto ad un drastico taglio di posti di lavoro e sportelli», dice Colombani. La verità, secondo il sindacalista è che «il digitale può rappresentare un’occasione per migliorare i processi interni delle banche e per riformare il sistema sia dal lato del risparmio, puntando sulla consulenza su base indipendente, che da quello del credito, con nuovi servizi per le Pmi».

La pensa diversamente Massimo Masi, segretario generale della Uilca, per il quale il 2020 inizia sotto i peggiori auspici per l’occupazione nelle banche italiane. I piani di UniCredit, Deutsche bank e Popolare di Bari saranno «una vera e propria ecatombe di posti di lavoro che si andranno a perdere. Perché se è vero che ad esempio in Bper ma anche in Carige agli esodi si farà fonte con una nuova occupazione questa situazione appare quasi impossibile nelle banche sopra citate. Ecco perché la Uilca - spiega Masi - torna a chiedere a gran voce alle Istituzioni, al Governo, alle forze politiche di aprire un tavolo sulle ristrutturazioni bancarie e sulle crisi aziendali perché di questo passo anche gli strumenti in nostro possesso (fondo di solidarietà) potrebbero andare in difficoltà».

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