Contrattazione

Regolarizzazione, le imprese pagano contributo e forfait

di Manuela Perrone

Ci sarà tempo dal 1° giugno al 15 luglio 2020 per presentare istanza di regolarizzazione di lavoratori agricoli, colf e badanti. Se italiani, la domanda andrà inoltrata all’Inps, se stranieri allo sportello unico per l’immigrazione, a patto che siano stati fotosegnalati in Italia prima dell’8 marzo o abbiano fornito dichiarazione di presenza. In entrambi i casi dovrà contenere l’indicazione della durata del contratto di lavoro e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro.

Nello stesso periodo i migranti con permesso di soggiorno scaduto entro il 31 ottobre 2019 che siano già stati impiegati nel lavoro agricolo o domestico potranno chiedere in Questura un permesso temporaneo per la ricerca di lavoro della durata dei sei mesi, convertibile in permesso di lavoro in caso di assunzione con contratto di lavoro subordinato.

La sanatoria - valida per tre macrosettori: agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura; assistenza alla persona; lavoro domestico - non è a costo zero. A carico del datore che sottoscrive il contratto di soggiorno, come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri, è previsto un contributo forfettario di 400 euro «a copertura degli oneri connessi all’espletamento della procedura di emersione», oltre a un ulteriore unico versamento per le somme dovute a titolo retributivo, contributivo e fiscale il cui ammontare sarà stabilito con decreto interministeriale. Chi invece farà richiesta di permesso di soggiorno temporaneo dovrà pagare 160 euro, di cui 30 per la spedizione della domanda. In tutto, la relazione illustrativa stima entrate per 91,56 milioni a fronte di maggiori costi per il Viminale pari a 75 milioni.

Nonostante lo psicodramma interno ai Cinque Stelle, l’articolo del “decreto Rilancio” approvato ieri dal Consiglio dei ministri ricalca fedelmente l’accordo siglato domenica notte tra la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova (Iv), la titolare del Lavoro Nunzia Catalfo (M5S), il ministro del Sud Giuseppe Provenzano (Pd) e la responsabile dell’Interno Luciana Lamorgese, dai cui uffici è arrivato il testo di mediazione su cui è stata raggiunta l’intesa politica definitiva martedì notte dopo l’intervento del premier Giuseppe Conte e una lunga trattativa tra Provenzano e il capo politico pentastellato Vito Crimi.

Resta dunque lo scudo penale: la sospensione, e poi l’estinzione se la procedura va a buon fine, fronte datore dei procedimenti penali e amministrativi per l’impiego dei lavoratori per cui è stata presentata la dichiarazione di emersione e fronte migrante di quelli per ingresso e soggiorno illegale in Italia. Unica modifica dell’ultim’ora è l’aggiunta di un comma che specifica come non siano sospesi invece i procedimenti penali a carico dei datori di lavoro per caporalato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reati legati allo sfruttamento della prostituzione e al reclutamento di minori per attività illecite, riduzione in schiavitù.

È proprio causa di inammissibilità di entrambe le istanze di regolarizzazione, limitatamente ai casi di conversione del permesso di soggiorno in motivi di lavoro, la condanna del datore negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, per gli stessi reati. Allo stesso modo, non sono ammessi alle procedure gli stranieri con provvedimenti di espulsione, segnalati per terrorismo, condannati per delitti contro la libertà personale, droga, favoreggiamento della prostituzione o «considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato».

L’elenco dettagliato di paletti è ciò che permette ai Cinque Stelle, lacerati tra progressisti e sovranisti, di sostenere di aver scongiurato una «sanatoria indiscriminata». «È un buon accordo - sottolinea Catalfo - che centra un obiettivo per me imprescindibile: l’emersione del lavoro nero e la garanzia dei diritti dei lavoratori».

La ministra del Lavoro ha inoltre ottenuto che nel decreto entrasse una norma per consentire ai percettori di reddito di cittadinanza, Naspi, Dis-Coll e ammortizzatori di accettare una proposta di lavoro in agricoltura «senza perdere il diritto al beneficio». Ma è Bellanova la “vincitrice” di questa battaglia, al cui esito Iv aveva legato la sua permanenza al Governo. «Ha vinto la dignità delle persone, che adesso potranno chiedere tutele.

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