Contrattazione

Manpower, nel prossimo trimestre le assunzioni saranno in calo del 5%

di Mauro Pizzin

Le previsioni sull’occupazione delle aziende italiane nel terzo trimestre del 2020 sono negative. A dirlo è l’indagine di ManpowerGroup condotta su un campione rappresentativo di 551 aziende di diversa stazza impegnate in sette settori industriali. La ricerca ha preso come parametro la “previsione netta sull’occupazione”, calcolata sottraendo dalla percentuale di datori che prevedono un aumento delle assunzioni totali la percentuale di coloro che prospettano invece una diminuzione delle assunzioni per il trimestre successivo. Il risultato finale è stato un calo del -5%, in cui si è tenuto anche conto degli aggiustamenti stagionali: si tratta della previsione più debole degli ultimi 6 anni, con un unico dato in controtendenza a Nord-Est (+1%).

L’indagine fotografa una situazione anomala rispetto al passato anche meno recente, ma lo stupore è relativo alla luce della crisi globale legata al Covid-19, i cui riflessi sul fronte occupazionale – magra consolazione - ci accomunano in questa congiuntura alla stragrande maggioranza dei Paesi Ue ed extra Ue. In questo contesto, almeno per l’Italia incoraggiante può essere definito il fatto che tre quarti dei datori intervistati prevedano comunque di mantenere gli attuali livelli di personale nei prossimi tre mesi e il 63% ritenga di poter tornare ai livelli di assunzione pre-Covid entro i prossimi 12.

Tornando ai numeri, come detto a livello nazionale la previsione netta sull’occupazione per il trimestre luglio-settembre 2020 è negativa del 5%, con intenzioni di assunzione in diminuzione in tutti i (7) settori industriali considerati e cali percentuali in doppia cifra quando queste previsioni vengono comparate tanto a quelle del secondo trimestre 2020, quanto al terzo trimestre 2019.

«L’impatto del Covid-19 sull’economia italiana è profondo e avrà severe conseguenze sull’occupazione - analizza l’amministratore delegato di ManpowerGroup Italia, Riccardo Barberis -. Per uscire dalla crisi servono strategie di lungo termine che vadano oltre gli ammortizzatori sociali disposti per tamponare l’emergenza. Serve un intervento coraggioso del Governo non solo in termini di investimenti produttivi, ma anche e soprattutto a livello normativo e un’apertura a un modello di governance che possa coniugare produttività, occupazione e crescita».

Confronti tra aree geografiche

Sono due le aree italiane in cui si scontano le previsioni più negative dell’indagine: il Nord Ovest (-3%) e, soprattutto, il Sud/Isole (-10%): si tratta dei numeri peggiori degli ultimi sei anni, mentre sia nel Centro Italia (-2%), sia nel Nord Est (+1%) il dato rilevato è il più basso degli ultimi quattro anni. Rispetto al trimestre precedente i piani di assunzioni peggiorano in tutte quattro le macro-aree, con la caduta maggiore a Nord-Ovest (-12%), mentre se il confronto viene fatto rispetto al terzo trimestre del 2019 lo scenario più negativo è quello del Centro Italia (-13%). «I dati - sottolinea Barberis - sono particolarmente pessimistici in un’area come quella del Sud/Isole che negli ultimi trimestri aveva raggiunto una sua stabilità tra incrementi e diminuzioni degli organici, ma non ha mai dato segnali di una vera e propria ripresa, contrariamente alle altre regioni italiane».

Per recuperare posti di lavoro, secondo l’ad di ManpowerGroup Italia, una leva fondamentale dovrebbe essere rappresentata dalle politiche attive. «Invece - spiega - siamo fra i Paesi in Europa che vi investono meno, a danno dei lavoratori, che acquisiscono meno competenze, e delle imprese, che in questo modo non possono competere su scala globale. La formazione professionale in Italia è la metà della media Ocse: a crisi finita, occorrerà iniziare a concepire i percorsi formativi quasi come fossero un diritto soggettivo per il lavoratore. Importante - aggiunge - sarebbe anche la creazione di una “Anagrafe delle competenze”, funzionale a individuare gli interventi formativi sulle reali necessità dei territori e delle imprese e a registrare un quadro fedele delle professionalità in attività e quelle da riallocare, colmando eventuali gap di competenze e incrociando domanda e offerta».

Confronti tra dimensioni aziendali

L’indagine ha suddiviso microimprese con meno di 10 dipendenti, piccole imprese fra i 10 e i 49 dipendenti, medie imprese fra i 50 e i 249 dipendenti e grandi imprese con 250 o più dipendenti. Ebbene, in ognuna di questa quattro categorie è stato previsto un calo delle assunzioni nel prossimo trimestre, particolarmente significativo nelle micro e grandi imprese, per le quali le prospettive di occupazione netta si attestano a -5%, mentre lievemente migliori sono le previsioni delle piccole e medie imprese, entrambe ferme al -4 per cento. Se il confronto viene operato con il mese precedente il record negativo è delle grandi aziende (-30%), le più pessimiste anche sui valori tendenziali (-16% rispetto al terzo trimestre dello scorso anno).

Di fronte a uno scenario di questo tipo il recupero occupazionale sarà caratterizzato da un forte ricorso alla flessibilità. «Si tratta di una leva di cui le imprese hanno bisogno - evidenzia Barberis - sia per far fronte a una domanda dei mercati che sarà per i prossimi mesi molto volatile e instabile, sia per gestire picchi di processo e di prodotto. Il lavoro in somministrazione, peraltro, tutela i lavoratori con parità di retribuzione, welfare aggiuntivo e, soprattutto, formazione mirata alle esigenze dei vari territori industriali e utile per aumentare le competenze, e dunque “l’occupabilità” dei lavoratori».

Confronti fra settori

La ricerca non concede spazio all’ottimismo neppure quando l’angolazione si sposta a livello settoriale. I datori di ben sei dei sette settori industriali considerati (Altra industria, Altri servizi, Commercio all’ingrosso e al dettaglio, Costruzioni, Finanziario, assicurativo, immobiliare e servizi alle imprese, Industria manifatturiera, ristoranti e alberghi) prevedono infatti un calo delle assunzioni fra luglio e settembre. L’unica eccezione in positivo riguarda il +6% registrato per alcune tipologie di produzioni (Altra industria): troppo poco per compensare i cali drastici di settori come quello dei Ristoranti & Alberghi – fortemente penalizzati dal lockdown - dove le prospettive occupazionali nette si attestano al -25 per cento. Numeri molto negativi si contano, poi, anche nel settore Finanziario e Servizi alle Imprese (-12%). Neppure l’Altra industria si salva, tuttavia, se la comparazione del sentiment riguarda il secondo trimestre 2020: qui a scendere sono tutti, a partire ancora una volta da Ristoranti e alberghi (-29%) e Finanza e servizi alle imprese (-21%), sempre prime anche nel confronto su anno (rispettivamente, - 27 e -17%).

Il report di ManpowerGroup

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