Contrattazione

Dirigenti, compensi e ruoli sotto esame

di Pasquale Dui

Il divieto di licenziamento introdotto per due mesi dal decreto Cura Italia (Dl 18/2020, convertito dalla legge 27/2020) e poi prorogato, permane al momento fino al 17 agosto. Il divieto - come chiarito più volte sul Sole 24 Ore nelle scorse settimane - non si applica al personale dirigente.

Le aziende, nel riserbo delle proiezioni sulle iniziative da ipotizzare in caso di proseguimento dell’emergenza economica, soprattutto con riferimento al periodo autunnale, stanno lavorando anche su progetti di ristrutturazione e/o riorganizzazione. Questi processi rischiano di coinvolgere prima di altri i collaboratori più “costosi” in termini di retribuzioni, tramite operazioni di riduzione del personale, finalizzate a compensare gli effetti dell’emergenza sul piano economico e finanziario, sulla produzione, e con lo scopo di contenere i rischi di dissesto dell’impresa.

In particolare, data la possibilità di licenziamenti individuali del personale dirigente, non è da escludere che alcune aziende dei settori più colpiti dalle conseguenze economiche dell’epidemia (soprattutto nell’ambito produttivo) abbiano già avviato contatti informali, finalizzati alla ricerca di soluzioni di contenimento dei costi e, in estremo subordine, di possibile risoluzione dei rapporti di lavoro.

Questi contatti informali devono ovviamente tenere conto del limite delle cinque unità di personale entro un periodo di 120 giorni, che opera nel caso di adozione di licenziamenti individuali diluiti nel tempo, per non scivolare nell’obbligo di procedure collettive, che sono vietate.

Accordi per ridurre i compensi

In una situazione come questa, ipotizzando rapporti trasparenti tra gli amministratori e l’imprenditore e i collaboratori dirigenti, le aziende, non infrequentemente, prospettano accordi di riduzione del compenso a fronte della conservazione del rapporto – e del posto di lavoro – anche in questo periodo di crisi.

Accordi del genere, salve le formalità di stesura finale nelle cosiddette sedi protette, comportano un compromesso che, a fronte di un sacrificio del dirigente, assicura la stabilità dell’occupazione, in una visione di corrispettività logica/giuridica che comporta, in sintesi, la scelta del “male minore”.

Uscite concordate dei dirigenti

Nei casi in cui l’azienda abbia, diversamente, già pianificato soluzioni di riduzione del personale (dirigente e non), per gli stessi motivi basati sul rispetto reciproco e sulla trasparenza, può prospettare già da ora, sempre in via informale, la paventata risoluzione del rapporto per licenziamento economico/oggettivo, da attivare dopo la pausa estiva.

Allo scopo di prevenire ed evitare contenziosi con il dirigente, sulla base di una complessiva considerazione delle reciproche posizioni, che manifestano verosimilmente la reale esistenza di un valido motivo di giustificazione del licenziamento, la società offre al dirigente una incentivazione monetaria da aggiungere alle ordinarie competenze di fine rapporto, parametrata alla valutazione della posizione del lavoratore, dell’anzianità di servizio, dell’età, delle possibilità di ricollocazione e delle esigenze estensibili al nucleo familiare.

Queste erogazioni sono le incentivazioni all’esodo, disciplinate dalla legge nei profili di tassazione e contribuzione, agevolate dall’assenza di versamenti Inps, in forza di una specifica previsione normativa.

Le agevolazioni sugli incentivi

Come ricorda la giurisprudenza, la disposizione recata nel comma 2, n. 3, del testo sostitutivo di cui alla legge 153 del 30 aprile 1969, articolo 12, va interpretata nel senso che dalla retribuzione imponibile Inps sono escluse anche le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori.

Questa disposizione ha il fine dichiarato di favorire l’esodo del lavoratori che siano in esubero, che può essere conseguito sia con l’uscita simultanea di un gran numero di lavoratori dall’azienda, sia con l’uscita in tempi diversi di uno o più lavoratori. Questa norma è stata poi riprodotta dal Dlgs 314 del 2 settembre 1997, articolo 6, comma 1, che, nel sostituire la legge 153 del 1969, articolo 12, così ha disposto: «Sono escluse dalla base imponibile le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l’imponibilità dell’indennità sostitutiva del preavviso» (si vedano da ultimo le sentenze della Cassazione 10602/2020; 27949/2018; 22386/2018 e ivi richiamo di precedenti).

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