Contrattazione

Più tempo per i contratti a termine: chance di proroga (con dubbi) per 2,4 milioni

di Valentina Melis

Sono 2,4 milioni i rapporti di lavoro a termine e in apprendistato coinvolti dalla proroga entrata in vigore il 18 luglio con la legge di conversione del Dl Rilancio (77/2020). In pratica, la scadenza dei contratti si allontana di un periodo pari alla durata della sospensione dal servizio che il lavoratore può aver avuto come conseguenza dell’emergenza sanitaria legata al coronavuirus.

Dai dati forniti dal ministero del Lavoro al Sole 24 Ore del Lunedì sulla platea dei lavoratori interessati, emerge che i rapporti a tempo determinato attivi al 22 luglio nel settore privato erano 2,3 milioni, ai quali si aggiungono 93.165 contratti di somministrazione a termine e 10.505 rapporti di apprendistato di primo e terzo livello. Sono invece esclusi dalla proroga i contratti di apprendistato professionalizzante (che rappresentano la stragrande maggioranza dei 600mila rapporti di apprendistato attivi).

Lo scopo della norma (articolo 93, comma 1-bis del Dl 34/2020) è quello di ridurre i danni sull’occupazione, in un contesto economico nel quale le attivazioni di nuovi rapporti di lavoro marciano a un ritmo molto lontano da quello del 2019, e di far recuperare i periodi di formazione persi dagli apprendisti a causa del Covid-19. Un intervento inserito durante l’esame parlamentare del Dl Rilancio, che fa il paio con un’altra disposizione che sarà probabilmente mantenuta sino alla fine del 2020: la possibilità di rinnovare o prorogare i contratti a termine fino al 30 agosto senza le causali previste dal decreto Dignità.

Le perplessità degli addetti ai lavori
L’allungamento dei contratti a termine ha posto però non pochi dubbi alle aziende e ai loro consulenti: non sono infatti precisati né la durata esatta della proroga, né se questa corrisponda al periodo di cassa integrazione fruito dal lavoratore (escludendo, ad esempio, i periodi di ferie usati durante il lockdown). Né sono chiari gli effetti generali della proroga sui rapporti a termine (che hanno un limite massimo di 24 mesi con ciascun lavoratore). Tutto questo rischia di generare contenziosi tra le aziende e i lavoratori, in un quadro economico già difficile.

«L’obiettivo del legislatore, anche con le deroghe al decreto Dignità - spiega Debora Serracchiani, capogruppo del Pd in commissione Lavoro alla Camera, tra i firmatari dell’emendamento sulla proroga dei contratti a termine - era quello di creare occasioni di lavoro, non di obbligare le aziende a mantenere in vita contratti se non ci sono più le mansioni per le quali erano stati stipulati. Queste disposizioni - aggiunge - vanno lette insieme a quelle in arrivo sulla proroga degli ammortizzatori sociali».

Un nodo irrisolto riguarda la somministrazione: i lavoratori in missione a termine, inclusi nella proroga dei contratti, sono 93mila. Che cosa succede se il contratto commerciale fra l’agenzia per il lavoro e l’azienda è scaduto, ma il contratto del lavoratore è invece prorogato per legge? Chi deve pagargli lo stipendio? «In questo momento - spiega Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro, l’associazione nazionale delle agenzie per il Lavoro - servirebbero regole semplici e chiare. La norma che proroga i contratti a termine, per come è scritta, sembra punire le aziende anziché favorire i lavoratori. Speriamo che possa essere corretta, trasformandosi in un’opportunità e non in un obbligo per le aziende, con agevolazioni sulle causali e senza l’incidenza di eventuali proroghe sui mesi totali di rapporto a termine».

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