Contrattazione

Nel 2022 gli occupati vicini al pre Covid

Tra 2021 e 2022 saranno recuperati 531mila posti di lavoro. Il rimbalzo, però, non consentirà di colmare i 622mila posti persi nel 2020: saremo ancora al di sotto dei livelli occupazionali del 2019 per 91mila unità. A fronte di questi dati, il tasso di disoccupazione, dopo un picco del 10,7% nel primo trimestre 2021, tornerà a scendere, chiudendo il 2022 al 9,2%, quindi al di sotto del 2019. Sono questi i dati che emergono dall’indagine sul mercato del lavoro elaborata da Cerved, in collaborazione con LHH, società internazionale specializzata in progetti di riorganizzazione, sviluppo manageriale e transizione di carriera, che fa parte di The Adecco Group. Nell’economia di questi dati, un ruolo molto importante, secondo lo studio, va attribuito alle misure prese per mitigare gli impatti della crisi: senza, la perdita occupazionale avrebbe toccato 1,2 milioni di lavoratori a fine 2021, con un recupero solo parziale che avrebbe portato il gap di occupati a -800mila, a fine 2022. Per le imprese medio-grandi, il 2022 segnerà il ritorno ai livelli pre-Covid, mentre nelle aziende medio piccole mancheranno all’appello 110mila addetti. I settori più colpiti dalla perdita di occupazione sono i servizi, dove si stimano 107mila addetti in meno. Diversi sono però quelli in crescita: tra questi la filiera chimico-farmaceutica, l’hi tech e le costruzioni. In termini assoluti, la ristorazione è invece il settore con la maggiore perdita prevista, con 86mila addetti in meno tra 2022 e 2019. «La pandemia non ha fatto altro che esacerbare segni di debolezza del mercato del lavoro già presenti nel nostro Paese che a fine 2019 faceva registrare un tasso di occupazione più basso rispetto agli altri Paesi europei, ossia circa il 60% contro una media del 73%», spiega Cristiano Pechy, country manager di LHH Italia. A questo bisogna aggiungere «un tasso superiore della quota di Neet, ossia under 24 che non lavorano e non studiano, il 26% contro una media Ocse del 14%, l’occupazione femminile ferma al 50,7% contro una media europea del 63% e il forte peso della disoccupazione a livello territoriale che nelle regioni del sud schizza al 17,6%», continua Pechy. Per la costruzione di un mercato del lavoro flessibile e resiliente, anche in tempi di crisi, «è indispensabile continuare a lavorare su occupabilità e formazione delle risorse - conclude Pechy - strappando letteralmente dall’inattività giovani e donne su cui ha pesato maggiormente la pandemia».

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