Previdenza

Pensioni verso una stretta dopo il 2021 e corsa alle uscite con le regole attuali

di Matteo Prioschi

L’applicazione della riforma previdenziale di fine 2011 ha portato il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia agli attuali 67 anni. Un traguardo che spaventa molte persone perché allontana nel tempo il momento del ritiro dal lavoro. Ma questa non è l’unica via d’uscita, anzi. Accanto alla pensione di vecchiaia ci sono quella anticipata, Opzione donna, alcune soluzioni ad hoc per determinate categorie di lavoratori e soprattutto, nel triennio 2019-2021, Quota 100. Il risultato dell’introduzione di quest’ultima forma di flessibilità, da un lato, e dell’aumento del requisito anagrafico per il trattamento di vecchiaia (da 66 anni e 7 mesi a 67 anni), dall’altro, avvenuti entrambi l’anno scorso, lo si vede nei dati sui pensionamenti avvenuti nei primi nove mesi del 2019: le uscite di anzianità/anticipate, inclusa Quota 100, sono state 233 ogni 100 pensioni di vecchiaia, mentre nel 2018 il rapporto è stato di quasi 1 a 1.

Nel 2020, ma è già previsto fino al 2022 incluso, il requisito per la vecchiaia non cambierà. Al contempo sono state confermate le altre vie per il pensionamento anticipato: nella maggior parte dei casi dovrebbero rimanere tali anche nel 2021, senza poter tuttavia escludere qualche ulteriore intervento, magari a livello di finestre per la decorrenza (ipotesi che nei mesi scorsi era già stata presa in considerazione per quota 100 e poi accantonata). Un paio, invece, al momento sono prorogate solo per quest’anno.

Si tratta di canali di uscita i cui requisiti possono essere raggiunti, a determinate ipotesi, quest’anno dai nati negli anni 1957-1961 (si veda la grafica a fianco). Una platea che potrebbe cogliere l’occasione e quindi smettere di lavorare in media 4-5 anni prima dei 67 anni di età.

Le alternative

Tra queste ci sono, per esempio, le lavoratrici che hanno raggiunto nel 2019 i 58 o 59 anni di età e i 35 di contributi (si veda nel dettaglio l’articolo a fianco). Requisito che, una volta ottenuto, rimane nel tempo e potrà essere fatto valere, volendo, anche nei prossimi anni. Mentre non è dato sapere oggi se questa soluzione sarà offerta anche a chi matura i requisiti quest’anno.

Non è un pensionamento, ma un trattamento assistenziale, l’Ape sociale, anch’esso prorogato al momento solo per il 2020. A determinate tipologie di persone consente di smettere di lavorare a partire dai 63 anni (più 30 o 36 anni di contributi in base alla categoria in cui si rientra) e di ricevere un assegno mensile fino a che si maturano i requisiti per la pensione di vecchiaia.

Ci sono poi i canali di uscita riservati a chi ha accumulato molti anni di contribuzione, cioè la pensione anticipata e quella per i “precoci”, grazie ai quali si può accedere alla pensione anche prima dei 60 anni di età nelle migliori delle ipotesi, mentre per chi ha svolto attività usuranti sono necessari almeno 61 anni e 7 mesi. Infine con quota 100 il diritto al pensionamento arriva a 62 anni di età e 38 di contributi.

L’effetto delle finestre

Questi sono i limiti minimi per la maturazione del diritto, che può non corrispondere alla decorrenza della pensione, cioè quando viene pagato il primo assegno. In via generale, e con la pensione di vecchiaia, alla pensione si accede il mese successivo o il giorno successivo al raggiungimento dei requisiti. Tuttavia, per limitare il peso della flessibilità sui conti pubblici, soprattutto dall’anno scorso è stata prevista l’applicazione delle “finestre” a diverse tipologie di pensionamento. Ciò significa che tra la maturazione dei requisiti e il primo assegno trascorre un periodo più o meno ampio.

Chi utilizza Opzione donna, per esempio, deve attendere 12 mesi se ha contributi solo come lavoratrice dipendente e ben 18 se ne ha anche come autonoma. Quindi le donne che hanno maturato il requisito già a gennaio 2019, hanno in via di massima la prima uscita utile il prossimo mese di febbraio o di agosto. Tre mesi di attesa sono previsti per la pensione anticipata (raggiungibile dopo 42 anni e 10 mesi di contributi - un anno in meno per le donne) e quella riservata ai precoci. Per Quota 100 la finestra è di 3 mesi se si è un lavoratore del settore privato e di 6 mesi del comparto pubblico.

Di conseguenza, non tutte le persone che raggiungono il requisito quest’anno andranno effettivamente in pensione entro dicembre.

Le soluzioni possibili

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