Previdenza

Il doppio contributo alla Cassa frena la crescita delle Stp

di Andrea Dili e Emanuele Galtieri

Nata nel 2011 per favorire l'aggregazione degli studi quale naturale risposta alle nuove sfide del mercato, la società tra professionisti (Stp) rimane, purtroppo, una forma residuale per l'esercizio delle attività professionali. Lo testimonia lo scarso numero di società tra professionisti iscritte nei relativi albi: l'ultimo rapporto di ricerca della Fondazione nazionale dei commercialisti, ad esempio, censisce soltanto 813 Stp a fronte dei circa 118mila iscritti all'Albo, mentre i dati riferiti alle altre professioni sono generalmente meno incoraggianti.

I freni alla crescita

Lo scarso appeal di tale strumento dipende da una serie di fattori: se le incertezze sul regime tributario applicabile alle Stp sono state progressivamente superate grazie ai chiarimenti forniti dall'agenzia delle Entrate, rimangono ancora aperte alcune rilevanti questioni afferenti l'applicazione dei regolamenti previdenziali emanati dalle Casse. Senza contare la spinta disgregante prodotta dalla legge di Bilancio 2019 mediante l'ampliamento del regime forfettario e la revisione delle cause ostative alla sua applicazione.

Sul piano fiscale il dibattito tra i fautori della qualificazione dei redditi prodotti dalle Stp come redditi di lavoro autonomo e chi, al contrario, propendeva per l'inclusione tra i redditi d'impresa è stato risolto a favore di questi ultimi in virtù della considerazione che le Stp non rappresentano un genus societario autonomo ma vanno ricondotte alle forme societarie tipiche previste dal Codice civile, soggiacendo alla disciplina legale dettata per lo specifico modello societario prescelto. È stato agevole, quindi, per l'agenzia delle Entrate chiarire a più riprese, da ultimo con la risoluzione 35/E del 2018 in tema di società tra avvocati (Sta), che le Stp producono reddito d'impresa.

La stessa Agenzia, con la risposta a interpello 128 del 27 dicembre 2018 ha coerentemente precisato che «i compensi corrisposti dalla Stp ai soci per le prestazioni d'opera effettuate siano da qualificarsi quali redditi di lavoro autonomo». Nelle Stp (o Sta) in forma di società di capitali o cooperative, quindi, il socio professionista titolare di partita Iva individuale potrà percepire i compensi relativi all'attività svolta emettendo fattura nei confronti della società.

I riflessi previdenziali

Tale modello, tuttavia, potrebbe comportare problematiche rilevanti sul piano previdenziale: la doppia fatturazione delle medesime prestazioni professionali, infatti, potrebbe duplicare il contributo integrativo dovuto dal professionista, imputato sia sulle fatture emesse dalla Stp nei confronti del cliente finale che su quelle del socio professionista nei confronti della Stp. L'uso del condizionale è d'obbligo considerando che il quadro regolamentare definito dalle singole Casse di previdenza in tema di prestazioni effettuate dalle Stp risulta piuttosto eterogeneo, anche se riconducibile sostanzialmente a tre fattispecie:

- sistemi che non prevedono il versamento di alcun contributo integrativo, come in alcune professioni sanitarie;

- regolamenti che contemplano un meccanismo di “neutralità”, consentendo alla Stp di detrarre il contributo integrativo imputato dal socio professionista per prestazioni rese alla società (è il caso di Inarcassa);

- regolamenti che prevedono il versamento del contributo integrativo sia sul volume d'affari della Stp che su quello dei soci professionisti, determinando di fatto una duplicazione del dovuto.

Effetti distorsivi

Quest'ultima modalità rimane, purtroppo, la più diffusa, producendo effetti distorsivi che ostacolano lo sviluppo degli studi professionali verso organizzazioni multidisciplinari e specializzate e allo stesso tempo incentivano la costituzione di strutture societarie estranee alla disciplina Stp che in alcuni comparti professionali sfuggono sia ai controlli deontologici degli ordini che alla stessa contribuzione alle Casse. Senza considerare che, a parità di condizioni, non appare ragionevole il trattamento penalizzante riservato ai professionisti che esercitano la propria attività in forma Stp rispetto ai colleghi che optano per la forma singola o associata. Ancora più paradossale sarebbe il caso di Stp multidisciplinari con la contestuale partecipazione di soci professionisti sottoposti a unica e a doppia contribuzione.

Fortunatamente alcune Casse hanno avviato una riflessione volta a introdurre modifiche regolamentari per ridurre o inibire tali effetti distorsivi: in merito non appaiono giustificati i timori di coloro che temono una perdita di gettito da contributo integrativo. Eliminare la doppia contribuzione integrativa sulle Stp, infatti, non soltanto favorirà lo sviluppo di un modello più moderno ed efficace rispetto alla tradizionale associazione professionale, ma genererà un vigoroso effetto antielusivo limitando la diffusione delle forme societarie non Stp. Un passaggio necessario a quasi 10 anni di distanza dal varo della Stp.

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