Previdenza

Fondi pensione in rosso per mercati e contributi in calo

di Davide Colombo

I mercati in ripresa nel secondo trimestre hanno regalato un recupero ai rendimenti dei fondi pensione che, tuttavia, non è bastato a cancellare il segno meno rispetto ai livelli di fine 2019. E a farsi sentire sui saldi delle forme complementari di previdenza è stato pure il calo dei contributi, che nel primo semestre si sono fermati a 5,449 miliardi, in calo dello 0,4% rispetto ai primi sei mesi del 2019 . A fine giugno le risorse destinate alle prestazioni erano arrivate a 185,2 miliardi (+0,1% da inizio anno).

Dopo la batosta Covid-19 del primo trimestre, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, ora per i fondi negoziali i rendimenti risultano in perdita per l’1,1%. Si sale al 2,3 e al 6,5, rispettivamente, per i fondi aperti e i Pip di ramo III, caratterizzati in media da una maggiore esposizione azionaria. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate, il risultato è stato pari allo 0,7 per cento.

I nuovi dati sono stati diffusi ieri dalla Covip, che al consueto invita a valutare i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale. Da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8% per i fondi aperti e per i Pip di ramo III, e al 2,6% per le gestioni di ramo I. Aggiungendo ai dieci anni gli ultimi sei mesi, i rendimenti medi annui composti scendono al 3,3% per i fondi negoziali, al 3,4% per i fondi aperti e al 3 per i Pip di ramo III. Restano invece al 2,5 per cento i prodotti di ramo I. Per entrambi i periodi, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2% annuo.

Si diceva anche del calo dei contributi versati dagli iscritti: altro effetto della crisi. I flussi, per quanto riguarda i fondi negoziali e i fondi aperti, sono cresciuti a un tasso molto inferiore rispetto al primo semestre 2019 e al primo semestre del 2018. Nei PIP “nuovi” i contributi, rispetto al corrispondente periodo del 2019, sono calati anche in termini assoluti (-4,3%).

Alla fine di giugno le posizioni aperte sulle diverse forme complementari erano 9,223 milioni, in crescita di 105mila unità rispetto alla fine del 2019 (+1,2%). Anche su questo fronte l’emergenza sanitaria s’è fatta sentire: l’incremento è inferiore a quelli del passato e nullo nel secondo trimestre. Il totale degli iscritti, che include anche chi aderisce a più forme, è ora stimato in 8,340 milioni di individui. I fondi negoziali hanno registrato circa 59.000 posizioni in più (1,9%), portandone il totale a fine giugno a 3,219 milioni. È stato il fondo destinato ai lavoratori del settore edile, per il quale è attivo un meccanismo di adesione contrattuale, a registrare il maggior incremento (26.400 unità); segue il fondo rivolto ai dipendenti pubblici (11.500 unità in più), ancora con adesioni molto basse rispetto alla platea potenziale. Nelle forme pensionistiche di mercato, i fondi aperti contano 1,571 milioni di posizioni (+20.000 unità; +1,3%) rispetto alla fine del 2019. Per i PIP “nuovi” il totale è di 3,444 milioni (+25.000 unità; +0,7%).

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