Previdenza

Perequazioni, la stretta fino al 2021

di Davide Colombo e Marco Rogari

Il Governo non è rimasto insensibile al pressing sindacale per evitare che l’attuale schema di perequazione automatica all’inflazione delle pensioni su sette fasce venisse prorogato fino al 2023. L’ultima versione del disegno di legge di Bilancio, atteso da giorni in Parlamento, conferma la stretta (rispetto al più generose schema su tre fasce) solo fino alla fine del 2021. L’indicizzazione con copertura decrescente al crescere del reddito pensionistico con garanzia piena per gli assegni fino a tre volte il minimo verrà ridiscussa l’anno prossimo insieme con le norme sulla nuova flessibilità che seguiranno alla sperimentazione di ”Quota 100” e insieme alla messa a regime della cosiddetta salvaguardia anti-recessione dei montanti contributivi nel caso di medie quinquennali negative del Pil.

L’attuale schema di perequazione, giudicato legittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza 234 depositata il 9 novembre scorso, avrà comunque un’incidenza irrilevante sulle pensioni del 2021 visto che la percentuale di variazione è stata fissata «in misura pari a 0,0» nel decreto che nelle ultime ore il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha trasmesso al Mef. L’anno scorso la variazione venne fissata a 0,5%, sempre attorno la metà di novembre per consentire ad Inps tutti gli adeguamenti sul Casellario delle pensioni in tempo utile per i pagamento del 1° gennaio. Siamo in piena deflazione e l’indice dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati misurato da Istat (Foi) ha segnato in ottobre +0,1% con un tendenziale di -0,4%.

Il pacchetto previdenziale del testo della manovra approdato ieri al Consiglio dei ministri per il formale via libera non contiene altre novità di rilievo. Anche se la proroga di un anno di Opzione donna (la possibilità di uscita con almeno 58 per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le “autonome” con il ricalcolo contributivo del trattamento) ha rischiato di saltare e di finire risucchiata dalla caccia alle risorse proseguita fino alle ultime ore al Mef. Alla fine il prolungamento per tutto il 2021 è stato confermato così come quello per l'Ape sociale con l’estensione della platea ai soggetti che non hanno beneficiato della prestazione di disoccupazione per carenza del requisito assicurativo e contributivo.

Prorogati al prossimo anno, ma con l’estensione a tutte le imprese che occupino almeno 500 addetti (invece dei 1000 fino ad oggi, anche i contratti di espansione professionale, con la conseguente agevolazione all’esodo per i lavoratori con non più di cinque anni dal raggiungimento della soglia minima (anche di anzianità) per il pensionamento. Nessuna novità invece per l’isopensione, che torna al vecchio tetto dei 4 anni rispetto ai 7 attuali di anticipo che l’azienda può finanziare rispetto all’età di pensionamento. Si tratta, in questo caso, di un’altra sconfitta per i sindacati, che avevano chiesto perlomeno la conferma dei sette anni di una misura di flessibilità sicuramente più onerosa dei contratti di espansione ma più di garanzia per i lavoratori interessati.

Come già previsto dalle precedenti bozze, viene invece recepita la recente pronuncia delle Consulta sulle cosiddette pensioni d'oro limitando al 2021 (con uno stop anticipato di due anni) il contributo di solidarietà sugli assegni con importi superiori ai 130mila euro lordi annui. Prevista poi la modifica delle modalità di calcolo dei requisiti di anzianità nel part time verticale ciclico: il periodo di lavoro prestato con questo tipo di contratto dovrà essere interamente considerato ai fini del diritto alla pensione. Ultima istanza rimasta per ora fuori dal testo è la riapertura dei termini dell’ottava salvaguardia richiesta dal comitato esodati, riguarderebbe a loro dire 6mila persone.

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