Previdenza

Al via il recupero contributi per l’errato uso del massimale

di Antonello Orlando

L’Inps ha avviato una campagna di recupero dei contributi pensionistici a rischio prescrizione per tutti i lavoratori dipendenti che, a partire dal 2015, hanno registrato una omissione contributiva legata all'errata applicazione del massimale contributivo.
Si tratta di una operazione organizzata in cui, per la prima volta, l'Istituto ha incrociato due dati di per sé strettamente connessi, ma finora rimasti slegati: la contribuzione Ivs “bloccata” al massimale contributivo e la presenza di contributi di qualsiasi genere ante 1996 nelle posizioni assicurative dei soggetti coinvolti. Così, a mezzo email pec, a centinaia di aziende sparse sul territorio italiano sono pervenuti, con un coordinamento della Direzione Generale Inps, innumerevoli avvisi di «Diffida massimale - Tutoraggio aziende Uniemens» che, interrompendo il decorso della prescrizione, quantificano la contribuzione omessa oltre il massimale e applicano automaticamente il regime sanzionatorio (più lieve) della omissione contributiva (pari a poco più del 5,5% in ragione d'anno), richiedendo il pagamento entro 30 giorni dal ricevimento dell'avviso.
Il massimale contributivo è stato introdotto dal 1996 dalla legge n. 335/1995, stabilendo che tutti i soggetti privi di anzianità contributiva prima del 1995 (e pertanto destinatari del metodo di calcolo contributivo) avrebbero versato la contribuzione Ivs, utile ai fini della futura pensione, entro un massimale rivalutato annualmente e per il 2020 pari a 103.055 euro annui. In questo modo, insieme al valore delle future pensioni “d'oro”, anche la spesa contributiva delle aziende si sarebbe ridotta, dato che l'assicurazione Ivs cuba il 10,19% dell'imponibile a carico del lavoratore e il 23,81% a carico delle imprese; oltre tale cifra, il datore di lavoro sostiene solo le cosiddette contribuzioni minori (come maternità, malattia e disoccupazione) per una spesa inferiore al 10 per cento.
Secondo le ormai datate istruzioni della Circolare Inps n. 177/1996, per tutti i lavoratori assunti dopo il 1995 i datori di lavoro avrebbero dovuto acquisire una dichiarazione del lavoratore sull'esistenza o meno di periodi utili o utilizzabili ai fini dell'anzianità contributiva anteriori al 1996. In assenza di un modello ufficiale di autodichiarazione, tuttavia le imprese si sono spesso dotate di format scarni e non analitici, che complicano la ricostruzione di un archivio chiaro di informazioni sullo stato di nuovo o vecchio iscritto ai fini contributivi. Sarà nel 2009 che la circolare n. 42 dell'Istituto chiarirà che chi, anche dopo l'assunzione, ottiene l'accredito del servizio militare, il riscatto della laurea, dovrà tempestivamente comunicarlo al datore di lavoro per consentirne l'obbligatoria disapplicazione del massimale a partire dal mese successivo. La medesima circolare ribadirà come, ai fini della anzianità contributiva ante 1996, rilevi la contribuzione di qualsiasi tipo versata per lavoro, riscatto o anche all'estero (in paesi convenzionati con l'Italia).
Le aziende dovranno convocare i quadri e i dirigenti interessati per verificare la dichiarazione fatta all'epoca e verificarne il contenuto con un estratto contributivo aggiornato. In caso di presenza di contribuzione anteriore al 1996 e già presente al 2015, il pagamento sarà dovuto e dovrà essere eliminata l'applicazione del massimale d'ora in avanti.
Sorgeranno poi non pochi problemi gestionali: infatti, l'articolo 23 della legge n. 218/1952 stabilisce che la quota a carico del lavoratore dei contributi deve essere trattenuta esclusivamente nel mese di scadenza del periodo di paga, perdendo tale facoltà in un momento successivo; a complicare ulteriormente il quadro è che il responsabile della obbligazione contributiva e delle sanzioni rimane il solo datore di lavoro. A livello pratico, quindi, sarà il datore di lavoro a sostenere integralmente il pagamento nei confronti di Inps, valutando sul piano civilistico se, in presenza di una dichiarazione errata o non aggiornata sulla presenza di contributi ante 1996, addossare in tutto o in parte il carico delle sanzioni a dirigenti - il più delle volte ancora in forza - e la stessa quota dei contributi a loro carico (non trattenuta a causa dell'errore). In caso di dichiarazioni spesso troppo sintetiche, mal formulate o senza alcun rimando a un aggiornamento delle stesse in caso di riscatti e accrediti contributivi retroattivi tale diritto al risarcimento del danno risulterà poi molto più complesso.
Vale la pena notare come il regime sanzionatorio dell'omissione contributiva risulti dalle comunicazioni a oggi inviate da Inps solo provvisorio, lasciando spazio alla possibilità di una successiva rideterminazione con l'applicazione dell'evasione contributiva (pari al 30% in ragione d'anno fino a un massimo del 60%). Resta, infine, da ricordare che in caso di dolo o errore aziendale i periodi anteriori al 2015, a oggi prescritti, potranno essere richiesti dal dirigente sotto forma di costituzione di rendita vitalizia o anche solo come risarcimento del danno pensionistico al datore di lavoro.

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