Previdenza

Ammortizzatori, crisi di sistema certificata dal virus

di Vittorio De Luca e Alessandra Zilla

L’ultimo anno ha visto l’introduzione di strumenti di sostegno al reddito straordinari sia dal punto di vista delle risorse finanziarie stanziate, sia per tipologia e modalità di fruizione degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto.

Lo strumento normativo utilizzato è stato – con l’unica eccezione della legge di Bilancio - quello del decreto legge. Ne sono stati approvati ben sette - con altrettante leggi di conversione - in pochi mesi, mettendo a dura prova gli interpreti e rendendo impossibile per le aziende programmare le proprie azioni.

Nel variegato contesto normativo pandemico, ci sono state nelle decisioni governative alcune costanti. Tra queste, per esempio, la fruizione della cassa integrazione Covid per periodi temporalmente prestabiliti; così come la procedura sindacale semplificata per la cassa integrazione guadagni ordinaria Covid, il Fondo d’integrazione salariale e la garanzia della cassa integrazione in deroga per le realtà aziendali che altrimenti sarebbero rimaste prive di strumenti di sostegno.

Non sono mancati, tuttavia, elementi di discontinuità, spesso fondati su ratio di difficile comprensione o sul mero contenimento della spesa. Basti pensare alla condizione di aver fruito degli ammortizzatori residui prima di poter accedere ai nuovi trattamenti, che ha rappresentato il leitmotiv della prima fase emergenziale, ma che, con il decreto Agosto e con la legge di Bilancio, ha perso centralità. O, ancora, al pagamento del contributo addizionale introdotto dal decreto Agosto e riproposto solo dal decreto Ristori. Senza dimenticare, poi, il cambio di rotta del Parlamento con la legge di Bilancio, con la quale sono stati introdotti, a seconda del tipo di ammortizzatore richiesto, periodi diversi di fruizione delle 12 settimane di cassa.

L’emergenza epidemiologica ha messo a nudo tutti i limiti del sistema di ammortizzatori sociali esistente: limiti di cui occorrerà tener conto nella riforma di cui da tempo si discute. L’auspicio è che il legislatore, nel delineare la riforma, si ispiri davvero alla più volte invocata universalità dei trattamenti e del contributo ordinario da applicare, a pari condizioni, a tutte le imprese che ne possono avere necessità.

È inoltre urgente adottare un sistema che garantisca un accesso semplice e chiaro, evitando le criticità derivanti della proliferazione di disposizioni di ogni tipo (dalle norme di legge agli “avvisi” pubblicati - poi cancellati e sostituiti con istruzioni diametralmente opposte - sul sito del ministero del Lavoro) di difficile interpretazione e improbabile applicazione. Del resto, sappiamo già che il modello rodato a cui ispirarsi è quello della cassa integrazione ordinaria.

Sappiamo anche che il modello da dimenticare - e far dimenticare - il più velocemente possibile è quello della cassa integrazione in deroga per le aziende plurilocalizzate. Le aziende che hanno dovuto ricorrere a tale tipologia di ammortizzatore hanno infatti attraversato difficoltà di natura burocratico/amministrative inenarrabili e i relativi lavoratori hanno dovuto sottostare ai tempi di risposta spesso “biblici” delle singole sedi Inps competenti, con conseguente ritardo di mesi nella erogazione delle relative indennità.

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