Previdenza

Il reddito di cittadinanza ha funzionato bene sulla lotta alla povertà, ha fallito sul lavoro

di Innocenzo Cipolletta

Come altri, ho criticato il reddito di cittadinanza,quando venne presentato, perché voleva perseguire due obiettivi che non potevano essere raggiunti con lo stesso strumento: il contrasto della povertà e l’avvio al lavoro dei disoccupati. Questa critica resta tuttora valida dato che il provvedimento ha fallito per quanto attiene al sostegno alla disoccupazione e infatti i casi di avvio al lavoro sono stati molto limitati. Ma dobbiamo anche ammettere che il reddito di cittadinanza ha costituito invece un valido strumento per contrastare la povertà e soprattutto è stato una mano santa durante la pandemia perché è riuscito a far affluire a molte persone bisognose un minimo di reddito che ha consentito loro di sopravvivere. Senza il reddito di cittadinanza e con le difficoltà che il governo ha avuto per procedere alla individuazione alla distribuzione dei sussidi per i lavoratori dipendenti e autonomi, la crisi da pandemia sarebbe stata ben più pesante per la parte più debole della nostra popolazione.

Quello che più ha funzionato con il reddito di cittadinanza è stato l’automatismo della sua attribuzione, effettuata dall’Inps sulla base di dichiarazioni degli aventi diritto, controllate centralmente attraverso la documentazione già disponibile presso gli uffici pubblici. Questo ha consentito di varare questo strumento in tempi molto rapidi, mentre i sussidi precedenti presupponenvano controlli ex ante a livello locale con il concorso di diverse amministrazioni e la produzione di varia documentazione. Per una volta si è data fiducia alle persone e si è controllato successivamente sulla base dei documenti esistenti, come avviene in molti paesi.

I detrattori di questa misura, che avanzano anche la richiesta di abolizione e persino un referendum contro il reddito di cittadinanza, sostengono che questo sistema abbia prodotto molti abusi. In realtà gli abusi sono stati limitati e in gran parte eliminati successivamente. Mentre se andiamo a guardare le misure che presuppongono controlli ex ante e attestati vari, gli abusi sono comunque presenti e più difficili da scoprire perché tutelati da attestazioni spesso false. Basti pensare al caso delle pensioni di invalidità, che presuppongono controlli stretti e attestati medici, ma dove gli abusi, anche eclatanti, sono numerosi, a scapito non solo delle finanze pubbliche ma soprattutto dei veri invalidi, perché gli abusi finiscono per erodere parte delle risorse a loro devolute.

Come tutte le misure, anche il reddito di cittadinanza può e deve essere migliorato, come ha ben detto Maurizio Ferrera su Il Corriere della Sera il 2 settembre, in particolare estendendo la sua copertura anche agli immigrati che vivono ormai nel nostro paese e che rappresentano la parte principale dei poveri non coperti da alcun sussidio. Oggi il reddito di cittadinanza è riservato a che abbia la residenza in Italia in maniera continuativa da almeno 10 anni: misura adottata in virtù del proclama “prima gli italiani” ai tempi del governo tra M5S e Lega e che lascia fuori dal sussidio la gran parte di immigrati comunque stabili nel nostro paese.

Poi, certo, c’è da rivedere tutto il sistema di sostegno alla disoccupazione e l’avvio al lavoro, ma questo deve essere un altro capitolo del nostro sistema di assistenza. Intanto, cerchiamo di migliorare e di potenziare il reddito di cittadinanza che ha avuto un così rilevante ruolo in questi anni difficili.

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