Adempimenti

Stop ai bonus se l’azienda non versa alla previdenza complementare

di Antonello Orlando

La nota 1436/2020 diramata ieri dall'Ispettorato nazionale del lavoro si è espressa a proposito dell'omissione dei versamenti dei contributi di previdenza complementare a carico del datore di lavoro e del regime di tutela accordate a tali somme, specie in riferimento al ruolo degli organi ispettivi per aiutare i lavoratori a recuperare i contributi non versati.

La nota evidenzia che, se anche non vi è un ruolo diretto da parte dell'Inl nel recupero dei contributi, tale omissione può attivare la revoca dei benefici contributivi da parte dell'organo ispettivo che ne venga a conoscenza.

L'ispettorato rintraccia nell'articolo 3 del testo unico sulla previdenza complementare (Dlgs 252/2005) la fonte normativa del versamento ai fondi da parte del datore di lavoro che, nelle modalità e nel quantum, è definito dalla contrattazione collettiva di riferimento (per i fondi dei lavoratori subordinati) . La fonte normativa, quindi, non regola direttamente il versamento o istituisce un vero obbligo, ma lo subordina a fonti contrattuali e, in prima istanza, alla volontà del soggetto di aderire a una forma di previdenza complementare, generando solo a quel punto l'obbligo di versamento di contribuzione da parte del datore di lavoro.

Proprio la libera adesione da parte dei lavoratori, secondo le riflessioni dell'Inl, impedisce di applicare le tutele per il recupero di queste somme di norma applicate ai crediti di natura retributiva dei lavoratori. L'Ispettorato ripercorre le più recenti pronunce giurisprudenziali, con particolare riferimento a una sentenza di primo grado del tribunale di Roma del 2016, in cui viene sottolineata la natura privatistica dell'obbligo di versamento, con un rapporto triangolato col fondo e non diretto fra dipendente e datore di lavoro.

Anche la sentenza della Corte di cassazione 4684/2015 a sezioni unite citata nella nota ha escluso la natura retributiva di tali contributi, rilevandone quella previdenziale che non consente, in caso di mancato versamento, l'esigibilità diretta dei crediti di lavoro da parte del dipendente e afferisce piuttosto a un obbligo contributivo di cui è titolare il fondo di previdenza complementare.

Per questo motivo l'Ispettorato conclude che per potere recuperare i contributi omessi il lavoratore dovrà agire davanti al giudice civile a protezione della propria posizione contrattuale, essendo l'organo ispettivo impossibilitato a emanare la diffida accertativa di cui all'articolo 12 del Dlgs 124/2004, attiva solo per i crediti patrimoniali dei lavoratori.

L'Inl deduce tuttavia un'ulteriore conseguenza rispetto al mancato versamento dei contributi di previdenza complementare: il Dlgs 252/2005 ha previsto infatti una serie di misure compensative di riduzione degli oneri contributivi (come l'esonero dal versamento del contributo al fondo di garanzia Tfr) proprio a favore delle aziende che versano ai fondi pensione il Tfr. Nel caso di imprese che non versino i contributi ai fondi pensioni, godendo illegittimamente di tale misura, si manifesta dunque una aperta violazione dell'articolo 1, comma 1175, della legge 296/2006 che impone, ai fini del godimento dei benefici normativi e soprattutto contributivi, la piena regolarità (mappata dal Durc) nonché il rispetto di «tutti gli altri obblighi di legge».

Questa irregolarità, quindi, pur se circoscritta all'omissione di un contributo ai fondi, anche se di modico valore potrà costare all'impresa la restituzione di tutti gli esoneri e gli sgravi contributivi fruiti nel contrasto della norma del 2006.

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