Adempimenti

L’invito Ocse: fisco neutro sui comportamenti da Covid

di Paolo Ludovici

Ormai da anni la comunità internazionale si interroga sull’adeguatezza dei consolidati principi di fiscalità alla luce della disruption causata dalla digitalizzazione dell’economia, dibattendo tra un’interpretazione estensiva delle norme vigenti e l’introduzione di norme nuove. Ancorché, auspicabilmente, l’attuale global lockdown avrà un effetto limitato, anche nell’attuale contesto si verifica una forte discontinuità e occorre verificare in che modo l’interpretazione delle norme vigenti, introdotte avendo in mente uno scenario in cui le persone possono liberamente decidere come operare, dove muoversi e dove soggiornare, possa consentire adeguati margini di flessibilità. La patologia del momento consente di applicare le norme in modo diverso rispetto a quanto succederebbe nel contesto fisiologico per cui le norme stesse sono state emanate?

In questo senso l’Ocse ha rilasciato il 3 aprile delle linee guida ad hoc. L’invito alle autorità fiscali nazionali è di valorizzare adeguatamente l’eccezionalità del momento e l’involontarietà di molti comportamenti, evitando che gli stessi possano avere un impatto sulla fiscalità di imprese e persone fisiche. Secondo l’Ocse, è auspicabile che si faccia esclusivo riferimento ai comportamenti che sarebbero stati tenuti in uno scenario di normalità, senza dare peso alle deviazioni dettate dal momento di emergenza e dai vincoli alla mobilità imposti dai governi. La questione ha una portata ampissima. Qualche esempio può essere illuminante.

Residenza delle persone fisiche

Caio, fiscalmente residente in Cina, nel pieno della crisi cinese viene in Italia per stare vicino ai propri genitori. Tra il lockdown locale e quello italiano si trova a trascorrere molto tempo in Italia. Se le restrizioni continuano per molto tempo oppure in Cina rimane la proibizione al rientro da parte dei cittadini esteri, Caio rischia di dover rimanere a lungo in Italia e acquisirne la residenza fiscale. In tale contesto, si potrebbe valutare attentamente l’elemento psicologico e prendere atto che la permanenza in Italia non è effettivamente voluta ma dipende da uno stato di emergenza. E ciò anche se ab origine Caio ha deciso liberamente di venire in Italia anziché trasferirsi in uno Stato terzo.

Tassazione del reddito da lavoro

Caio, pur venendo in Italia, continua a lavorare per il proprio datore di lavoro cinese in modalità smart working. Il reddito prodotto nel periodo che Caio trascorre in Italia è imponibile come reddito di fonte italiana? Se Caio non acquisisce la residenza fiscale in Italia e complessivamente trascorre meno di 183 giorni nel territorio dello Stato non dovrebbe esserci alcuna tassazione, anche per effetto delle convenzioni contro le doppie imposizioni. Ma che succede se il lockdown si prolunga? Il lavoro svolto durante il periodo in cui vige il divieto a muoversi può essere assimilato ad un periodo di ferie forzate ai fini di escludere la tassazione del reddito?

Stabile organizzazione

Se Caio è un dirigente apicale del proprio datore di lavoro cinese, lo svolgimento di un’attività lavorativa in Italia, configura una stabile organizzazione in Italia della società cinese? La questione è già ampiamente dibattuta con riferimento allo smart working in uno scenario fisiologico, ma nell’attuale contesto sussiste effettivamente la volontarietà del supposto insediamento in Italia del datore di lavoro? Peraltro, in presenza di stabile organizzazione, il reddito da lavoro percepito da Caio sarebbe imponibile in Italia anche in presenza di trattati internazionali.

Residenza delle società

Se Caio è il Ceo della società cinese, la presenza in Italia per un periodo non breve e lo svolgimento di un’attività lavorativa nel territorio dello Stato configurano una sede di direzione o la sede di direzione effettiva?

Sostanza delle società estere

Assumiamo per un momento che Caio sia stato assunto alle dipendenze di una società lussemburghese (asset management o private equity o tesoreria di gruppo) e che contribuisca a configurare una struttura adeguata anche in un ambito Beps. La presenza in Italia per un periodo non breve impatta sulla valutazione di artificiosità della struttura estera o sul transfer pricing con le controparti italiane?

Articolo 51, comma 8-bis, Tuir

Sempre nell’esempio che precede, assumiamo che Caio mantenga la residenza fiscale in Italia ma invochi l’applicazione dell’articolo 51, comma 8-bis, Tuir che consente di determinare il reddito sulla base di un valore convenzionale piuttosto che effettivo. La norma presuppone che il lavoro all’estero sia continuativo ed esclusivo e che il lavoratore soggiorni all’estero per almeno 183 giorni. La presenza lavorativa forzata in Italia fa venire meno il diritto ad invocare tale disposizione?

Sono solo alcuni esempi delle questioni che possono essere sollevate e che richiedono una risposta flessibile da parte delle amministrazioni finanziarie, che tenga conto della situazione assolutamente “patologica” e straordinaria in cui viviamo.

La necessità di un approccio pragmatico sulla tematica è stata recentemente affermata dall’Ocse proprio con il documento del 3 aprile.

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