Adempimenti

Bonus Inps da mille euro. I forfettari calcolano i redditi

di Gian Paolo Tosoni

I professionisti in regime forfettario per una volta devono ragionare da semplificati, calcolando il reddito dei mesi di marzo e aprile 2019 e del medesimo periodo del 2020 dimenticando il forfait e poi tornando nel loro regime naturale. È quello che succede ai professionisti in regime forfettario, che in base all’articolo 84, comma 2, del Dl n. 34/2020 intendono presentare domanda all’Inps, per ottenere l’indennità di mille euro.

La norma prevede che ai liberi professionisti titolari di partita Iva in attività alla data del 19 maggio 2020, iscritti alla gestione separata Inps e senza altre forme previdenziali obbligatorie, che non siano pensionati, spetta un’indennità di mille euro. Il presupposto per ottenere l’indennità consiste nell’aver subito una comprovata riduzione del reddito nel secondo bimestre 2020 di almeno il 33% in confronto al secondo bimestre 2019.

Questa volta il legislatore abbandona il riferimento al fatturato, ma ai professionisti senza cassa di previdenza fa calcolare il reddito di due mesi (marzo ed aprile) sia per l’anno 2019 che per il 2020. Infatti, lo scostamento del reddito deve essere determinato secondo il principio di cassa in base alla differenza tra i compensi percepiti e le spese effettivamente sostenute, comprese le eventuali quote di ammortamento.

La circolare delle Entrate n. 25/E ha esaminato la posizione dei contribuenti in regime forfettario per i quali era ragionevole ritenere che il reddito potesse essere determinato secondo i criteri forfettari, applicando ai compensi percepiti la percentuale del 78%. Invece no.

L’agenzia nella sua risposta si attiene rigorosamente al dato letterale della norma, la quale dispone che il reddito dei secondi bimestri 2019 e 2020 deve essere calcolato come differenza tra i componenti percepiti e le spese effettivamente sostenute nel periodo interessato, considerando eventuali quote di ammortamento.

La circolare afferma che lo scostamento del reddito e l’attribuzione della nuova indennità prescinde dal regime contabile adottato dal professionista, sia esso in regime ordinario che in regime forfettario ed, aggiungiamo, anche nei casi ormai residuali del regime dei minimi. Si giustifica l’Agenzia dicendo che il regime forfettario rileva su un piano diverso e cioè ai fini della determinazione dell’imposta dovuta e delle semplificazioni contabili.

Senza scendere in polemica, a nostro avviso il regime forfettario è prima di tutto un regime di determinazione del reddito. Ad ogni buon conto anche questi professionisti devono riattivare la procedura di calcolo delle spese sostenute nei predetti bimestri da contrapporre ai compensi percepiti. Ovviamente i contribuenti in regime forfettario non hanno un grande interesse a gestire ordinatamente le fatture relative alle spese, tenuto conto che non sono deducibili, ancorché abbiano l’obbligo della conservazione; ma rintracciare i pagamenti potrà essere un problema.

Infatti per la determinazione del reddito non rilevano le fatture emesse e ricevute nei mesi di marzo ed aprile 2019 2020, ma quelle incassate e pagate nei predetti mesi che quindi possono essere datate nei mesi precedenti. Ancor più complesso sarà ricostruire il libro cespiti ammortizzabili, di cui non è obbligatoria la tenuta, ma è uno sforzo necessario anche nell’interesse del contribuente che può legittimamente lievitare i costi parallelamente però per entrambi gli anni. Poi la norma dice che l’indennità è riferita al mese di maggio 2020, ma questa affermazione è priva di effetti: queste indennità non concorrono a formare il reddito imponibile.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©