Adempimenti

Lavoro, c’è la stretta sugli interpelli ma quesiti e Faq trovano più spazio

di Giampiero Falasca e Matteo Prioschi

Meno risposte a interpello, più risposte a quesiti e Faq nell’attività del ministero del Lavoro. È un dato di fatto che dal 2017, anno di operatività dell’Ispettorato nazionale del lavoro, nato scorporando risorse umane dal ministero, il numero di risposte a interpello pubblicate sul sito ministeriale si sia sensibilmente ridotto.

Stiamo parlando degli interpelli previsti dall’articolo 9 del decreto legislativo 124/2004 che, in base al comma 1 dell’articolo, devono consistere in «quesiti di ordine generale sull’applicazione delle normative di competenza del ministero del Lavoro e della previdenza sociale». L’utilità di chiedere un chiarimento al ministero è chiara: in base al comma 2 dell’articolo 9 «l’adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 esclude l’applicazione delle relative sanzioni penali, amministrative e civili».

Secondo gli interpelli attualmente consultabili sul sito, le risposte fornite annualmente dal 2016 al 2020 sono state: 24, 5, 7, 6, 1. Contattato al riguardo, il ministero del Lavoro ha fornito dati più completi, anche se in parte differenti. Nel 2017 sono arrivati 44 quesiti e sono state date 12 risposte a interpello; nel 2018, 44 richieste e 3 risposte; nel 2019, 18 richieste e 2 risposte; nel 2020, 48 richieste e zero risposte. I numeri evidenziano che le domande si sono mantenute costanti, tranne nel 2019.

La riduzione delle risposte agli interpelli, spiega il ministero, deriva in parte dal fatto che dal 2017 si è applicata in modo più rigoroso la normativa, «in particolare per quanto attiene alla qualificazione soggettiva dei richiedenti e alla natura del quesito sottoposto, ciò al fine di rimanere fedeli al dato normativo che regola l’esercizio del diritto di interpello». In assenza di tali requisiti, spesso sono stati classificati come “semplici” quesiti di carattere tecnico, con risposta indirizzata al solo soggetto interessato e non pubblicati sul sito internet. Tra il 2017 e il 2020 sono stati 68 le domande gestite in questo modo su 152 complessive.

Inoltre, in non pochi casi, le risposte sono state fornite indirettamente tramite circolari ministeriali, di Inps, Inail o dell’Ispettorato. Quanto al 2020 in particolare, all’azzeramento degli interpelli ha fatto da contrappeso l’utilizzo delle Faq, complessivamente 219 nei primi undici mesi, rispetto alle 98 dello stesso periodo del 2019, secondo quanto comunicato dal Ministero.

Gli interpelli in materia di salute e sicurezza (articolo 12 del Dlgs 81/2008) hanno invece avuto un andamento altalenante, passando dagli undici del 2016 ai due dell’anno successivo per poi salire a sette nel 2018, otto nel 2019 e calare a due l’anno scorso.

Meno interpelli, più Faq e quesiti, dunque. Un cambiamento che, nonostante le giustificazioni formali, non può essere salutato positivamente, per il semplice motivo che le Faq sono semplici opinioni (di cui non si conosce nemmeno l’estensore materiale) pubblicate su un sito istituzionale. Opinioni che sicuramente influenzano i comportamenti dei cittadini e degli operatori, per via della fonte da cui indirettamente derivano; ma restano sempre opinioni, prive di qualsiasi valenza formale, al contrario degli interpelli che hanno una precisa efficacia giuridica (l’inapplicabilità per chi li applica delle sanzioni penali, amministrative e civili). Una garanzia importante per i professionisti e le imprese che dovrebbe indurre a un approccio di maggiore apertura verso la presentazione degli interpelli.

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