Rapporti di lavoro

Italia ancora al palo per numero di laureati e lavoratori altamente qualificati

di Eugenio Bruno

Altro che santi, poeti e navigatori. L'Italia è sempre più un Paese di «Neet», scarsamente istruiti e sottoinquadrati. A confermarlo è il rapporto del Cnel sul mercato del lavoro 2013/2014 che dedica un ampio e approfondito capitolo a tutti i ritardi formativi accumulati dal nostro Paese.

Un livello troppo elevato di «Neet»
È uno degli acronimi balzati agli onori della cronaca negli ultimi anni a causa della crisi economica. Sta per “Not in education, employment or training“ e indica i giovani che non lavorano (disoccupati o inattivi) e non partecipano a nessun ciclo di istruzione o formazione. Se è vero che c'è chi sta peggio di noi, come la Grecia, è altrettanto vero che la quota di popolazione tra 15-29 anni che non studia né lavora da noi resta elevata. E soprattutto è più endemica visto che risale a prima della crisi. Nel 2008 i Neet italiani erano già al 19,3 per cento. Da allora sono aumentati di 587 mila unità, attestandosi a quota 2.4 milioni nel 2013, pari al 26 per cento. Che al Mezzogiorno diventa il 35,6 per cento.

Ancora pochi laureati
L'Italia resta uno dei paesi dell'Unione europea con le più basse percentuali di laureati: il 16.3% per la popolazione di età compresa tra i 25 e i 64 anni contro il 28.4 della media dell'Ue a 28; al tempo stesso siamo tra gli ultimi paesi comunitari per impiego di capitale umano qualificato nel processo produttivo: la quota di laureati sul totale dell'occupazione supera di poco il 20% nel 2013, a fronte del 33% della media comunitaria. Più nel dettaglio, la quota di occupati con istruzione terziaria in professioni che richiedono elevate competenze è in Italia la più bassa d'Europa (dopo l'Austria); parallelamente l'incidenza delle professioni high skilled è superiore solo alla Turchia tra i principali paesi europei considerati. Per il Cnel ciò testimonia una «bassa efficienza nell'allocazione delle competenze che impedisce di sostenere un rendimento ottimale del capitale umano, sia per i lavoratori che per le imprese». Se a questo si aggiunge un gap retributivo tra diplomati e laureati molto contenuto si capisce perché nel 2012 (l'ultimo anno disponibile) hanno cercato fortuna all'estero 26mila nostri connazionali tra i 15 e i 34 anni; 94mila nell'ultimo quinquennio. Con un saldo tra entrate e uscite di “cervelli” che, solo nel 2012, si è rivelato negativo per 18mila unità.

Troppi lavoratori sottoinquadrati
A rendere ancora più complesso il quadro clinico del paziente Italia c'è un altro sintomo abbastanza diffuso: il «sottoinquadramento». Da intendersi come un mismatch tra il titolo
di studio in possesso dei lavoratori e le caratteristiche tecnologiche, organizzative e professionali dei posti di lavoro offerti dal sistema economico. Nel 2013 svolgevano mansioni inferiori al livello di istruzione 4 milioni 378mila italiani, cioè il 19,5% del totale. Se si circoscrive l'analisi alla fascia d'età 25-34 anni la quota dei sottoinquadrati sfiora il 30 per cento. Tale fenomeno - aggiunge il Cnel - penalizza in misura maggiore i laureati (41,8% nel 2013), specie se triennali (56,6%). Tra le discipline si conferma l'elevata incidenza del sotto-inquadramento tra le lauree umanistiche (50,2%) e nelle lauree in scienze sociali (49,6%), mentre la discipline scientifiche si attestano su valori sensibilmente inferiori, intorno al 30 per cento.

Una possibile via d'uscita
La indica il presidente delegato della Commissione speciale dell'Informazione, Tiziano Treu. Fatta la premessa che il «recupero di questi ritardi implica non solo un cambiamento dei contenuti formativi del sistema scolastico, ma un diverso rapporto fra questo e le trasformazioni in atto nel sistema produttivo e nei mercati del lavoro», Treu sottolinea la «rilevanza dei meccanismi di alternanza fra scuola e lavoro». E, in particolare di strumenti come il tirocinio e l'apprendistato, «da promuovere ulteriormente - dice - anche in Italia , tenendo conto delle migliori pratiche straniere».

Il rapporto del Cnel sul mercato del lavoro

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