Rapporti di lavoro

La guida per non sbagliare i conguagli di fine anno

di Matteo Ferraris

La fine dell'anno è il tempo delle operazioni di conguaglio, l'operazione con cui i sostituti rendono definitive le ritenute d'acconto effettuate nei vari periodi di paga limitatamente ai redditi erogati nell'ambito del rapporto di lavoro dipendente. L'adempimento, previsto dall'art 23, comma 3, del DPR n. 600/73, impone che sia verificato il calcolo dell'imposta dovuta sull'ammontare complessivo delle somme e dei valori corrisposti nel corso dell'anno in relazione alle ritenute operate sugli emolumenti imponibili corrisposti in ciascun periodo di paga, tenendo conto delle detrazioni per carichi di famiglia e delle “Altre detrazioni” oltre che delle detrazioni eventualmente spettanti per oneri a fronte dei quali il datore di lavoro ha effettuato trattenute. Il risultato di tale controllo consente al lavoratore dipendente di non presentare la dichiarazione in assenza di ulteriori redditi da dichiarare ovvero oneri da far valere.
Il termine utile per l'effettuazione delle operazioni è il 28 febbraio 2019 ma i redditi di lavoro dipendente e assimilati da considerare sono quelli erogati entro il 12 gennaio 2019, se riferiti al 2018 (secondo il criterio di cassa allargato). I termini di versamento delle differenze a debito sono quelli ordinari: 16 gennaio, se il conguaglio è effettuato entro dicembre; 16 febbraio, se il conguaglio è effettuato entro il 12 gennaio (prassi molto diffida); 16 marzo, se il conguaglio è effettuato entro febbraio.
Con la risoluzione n. 13/E/2016 sono stati uniformati i codici di versamento e si userà il codice tributo 1001 anche per i versamenti effettuati a febbraio o marzo.
Se, invece, dalla riapertura del conguaglio deriva un maggior credito o un minor debito di imposta, la restituzione della maggiore IRPEF trattenuta nel 2018 avviene evidenziando sul modello F24 la maggiore ritenuta effettuata con il codice 1627 (introdotto a seguito delle innovazioni relative alle nuove modalità di compensazione sul modello F24 a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs 175/2014).

Alcuni punti di attenzione
Un elemento da sottoporre a verifica in sede di conguaglio è il corretto assoggettamento ad imposta sostitutiva o a tassazione della retribuzione premiale. La tassazione agevolata è ammessa al ricorrere delle seguenti condizioni previste dalla legge e regolate dalla contrattazione collettiva:
•l'importo del premio agevolabile non deve superare i 3.000 euro;
•gli emolumenti premiali devono essere erogati a lavoratori dipendenti del settore privato che nell'anno che precede l'erogazione non abbiano percepito redditi di lavoro dipendente superiori a 80.000 euro;
•la spettanza del premio deve essere quanto più oggettivamente misurabile: l'erogazione, infatti, deve conseguire al raggiungimento dell'obiettivo così come definito nella contrattazione aziendale o territoriale.
L'Agenzia delle Entrate ha commentato le innovazioni con la propria circolare n. 5/E/2018 chiarendo che
•l'elevazione del limite di reddito per l'accesso al beneficio (80.000 euro annui), si applica a partire dai premi di risultato erogati nel 2017, anche se maturati precedentemente o se erogati in virtù di contratti già stipulati;
•l'innalzamento dell'importo del premio assoggettabile a imposta sostitutiva, che ora è fissato in via generale a 3.000 euro (dai precedenti 2.000 euro), è stato elevato per un ridotto periodo a 4.000 euro, in caso di premio erogato da aziende che adottano il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell'organizzazione del lavoro. Per tali aziende con il D.L. n. 50/2017 è stato rimodulato il beneficio, sostituendo l'innalzamento del limite con un beneficio contributivo: con riferimento ai contratti stipulati dopo il 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del D.L. n. 50/2017) è ridotto di venti punti percentuali il contributo a carico del datore di lavoro da calcolarsi su una porzione di premio di risultato agevolabile entro i limiti di 800 euro; sul medesimo importo al lavoratore non è effettuata la relativa trattenuta. La circolare chiarisce che, in coerenza con le finalità della norma, volta a favorire il coinvolgimento paritetico dei lavoratori, possono rientrare nell'ambito applicativo della disciplina di favore anche i contratti che, a partire dal 24 aprile 2017, siano modificati ovvero integrati per prevedere detto coinvolgimento, a condizione che siano stati nuovamente depositati entro trenta giorni dalla data in cui, a seguito della modifica, è intervenuta la relativa sottoscrizione.

Con la stessa circolare, l'Agenzia ha fornito una serie di istruzioni operative per l'applicazione dell'imposta sostitutiva ai premi di risultato. Schematizziamo di seguito le ulteriori indicazioni operative che integrano le istruzioni già rilasciate sin dal 2016:
1.periodo di misurazione del risultato incrementale raggiunto dall'azienda – il riconoscimento del beneficio fiscale presuppone l'incremento di almeno un indicatore previsto dal premio nell'ipotesi di obiettivi alternativi ovvero ogni indicatore associato ad obiettivi autonomi. La verifica deve essere effettuata dalla singola azienda che eroga il premio di risultato al termine del “periodo congruo”, anche qualora la stessa abbia recepito il contratto territoriale di settore o siano stati fissati degli obiettivi di gruppo. L'Agenzia delle Entrate sostiene che per “periodo congruo” si intende il periodo di maturazione del premio di risultato, vale a dire l'arco temporale individuato dal contratto al termine del quale deve essere verificato l'incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, che rappresenta il presupposto per l'applicazione del regime agevolato;
2.premi di risultato erogati da più datori di lavoro – i limiti d'importo dei premi di risultato assoggettabili a imposta sostitutiva devono essere riferiti al periodo d'imposta: i limiti devono essere verificati computando tutti i premi percepiti dal dipendente nel corso dell'anno (anche se sotto forma di partecipazione agli utili o di benefit detassati), a prescindere dalla circostanza che siano erogati in base a contratti diversi o da diversi datori di lavoro o che abbiano avuto differenti momenti di maturazione;
3.premi di risultato articolati su più obiettivi – la detassazione opera su tutto l'importo erogato solo se gli obiettivi sono tra loro alternativi. Ove l'accordo preveda esplicitamente - “espressamente”, dice la circolare - il raggiungimento di diversi obiettivi non alternativi tra loro, l'imposta sostitutiva si applica esclusivamente sulla parte di premio associata agli indicatori per cui è verificato il requisito dell'incrementalità;
4.risultati aziendali collettivi – qualora la contrattazione collettiva aziendale subordini l'erogazione del premio ad obiettivi sanciti a livello di gruppo aziendale, la tassazione agevolata è condizionata alla verifica dell'incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione raggiunto dalla singola azienda: non è sufficiente il raggiungimento del risultato registrato dal gruppo;
5.anticipazioni e acconti di premi di risultato – l'Agenzia conferma che la disciplina agevolativa consegue alla verifica del risultato incrementale realizzato dall'azienda. Onde evitare la correzione della CU è opportuno che, in sede di conguaglio, siano effettuate le opportune verifiche su acconti e anticipazioni erogate durante l'anno, in assenza della verifica del risultato.
Dal 2016, il premio può essere convertito in strumenti di welfare ed in tale caso l'erogazione del premio attraverso beni e servizi è detassata.
In presenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi per l'assoggettamento del premio di risultato ad imposta sostitutiva del 10%, la normativa generale aveva previsto l'ulteriore possibilità di scegliere (switch) se ottenere il premio di risultato in denaro ovvero in natura, prevedendo che, in ogni caso, i benefit di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 51 del TUIR non scontino alcuna tassazione (né a titolo di imposte, né a titolo di contributi), nei limiti previsti dai citati commi. La circolare n. 5/E/2018 ha commentato la nuova facoltà riconosciuta al lavoratore – se prevista dal contratto aziendale o territoriale - di convertire il premio anche con i benefit indicati dall'articolo 51, comma 4, TUIR vale a dire con l'uso dell'auto aziendale, la concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, la messa a disposizione del dipendente dell'alloggio e la concessione gratuita di viaggi ai dipendenti del settore ferroviario.
I predetti benefit normalmente sono assoggettati a tassazione ordinaria derogando al criterio del valore normale. In particolare, per tali benefit si assume come base imponibile il valore forfettario determinato sulla base dei criteri dettati dal ricordato comma 4.
In assenza della nuova previsione, la sostituzione di erogazioni monetarie (il premio di risultato) con beni e servizi comporterebbe l'assoggettamento a tassazione del benefit in base al suo valore normale, al fine di non alterare la base imponibile fiscale e contributiva del reddito di lavoro dipendente.
La nuova disposizione permette al dipendente di richiedere i benefit in sostituzione e nei limiti di valore del premio seguendo le seguenti regole:
-il benefit è assoggettato a tassazione ordinaria assumendo come base imponibile il valore determinato sulla base dei criteri dettati dal ricordato comma 4;
-la parte del premio che supera il valore del benefit resta assoggettata a imposta sostitutiva o a tassazione ordinaria a scelta del lavoratore, ovvero potrà essere sostituita con gli altri benefit previsti dall'articolo 51, Tuir.
In tal modo – precisa la circolare -, viene pienamente attuato il criterio di fungibilità tra erogazione monetaria dei premi di risultato agevolabili ed erogazioni degli stessi sotto forma di benefit in natura, prevedendo per questi ultimi il mantenimento del loro regime di tassazione, in tutte le ipotesi disciplinate dall'articolo 51, Tuir e non solo nelle fattispecie indicate dai commi 2 e 3. L'Agenzia aggiunge che “a prescindere quindi da valutazioni di convenienza fiscale nella scelta di richiedere l'erogazione del premio di risultato sotto forma di benefit di cui al comma 4 dell'art. 51 del TUIR, l'intervento normativo va inquadrato sotto il profilo sistematico come completamento del principio introdotto dalla legge di Stabilità del 2016.”

Il welfare premiale
Un'ulteriore opzione prevista dalla circolare n. 28/E/2016 che consente che l'erogazione del premio di produzione aziendale sia prevista solo in beni e servizi agevolati. Sul punto l'interpello Delmoform (n. 904-791/2017 del 28 luglio 2017 della DRE Lombardia) in cui è stato giudicato legittimo un piano di welfare (detassato) che preveda l'erogazione dei benefit collegata al raggiungimento di obiettivi aziendali e individuali, si potrà alimentare anche della fattispecie che consente di detassare “le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o le spese da quest'ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l'acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari indicati nell'articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12” (nuova lettera d-bis) dell'articolo 51, comma 2, Tuir).
La semplice interpretazione letterale della norma porta a ritenere che con la stessa vengano superata la risoluzione n. 126/E/ 2007 che considerava reddito imponibile anche il rimborso al lavoratore di biglietti o di tessere di abbonamento per il trasporto pubblico.
La nuova norma permette di non assoggettare a tassazione, senza limiti di importo, ogni iniziativa volontaria o in conformità a disposizioni di contratto di accordo o di regolamento aziendale, rivolta alla generalità di dipendenti o categorie di dipendenti che preveda l'erogazione al dipendente di somme (o il rimborso al dipendente stesso della spesa sostenuta) per l'acquisto degli abbonamenti (e quindi non il singolo biglietto) per il trasporto pubblico locale regionale o interregionale per se o per i familiari a suo carico ai sensi dell'articolo 12, Tuir
Inoltre, è previsto che la spesa per l'abbonamento di cui sopra possa essere sostenuta anche direttamente dal datore di lavoro sulla base quindi di rapporti instaurati direttamente con i soggetti che gestiscono il trasporto.
Infine, si ricorda che nulla cambia sulle indennità in denaro sostitutive del servizio di trasporto per le quali resta quindi confermata l'imponibilità.
La circolare n. 5/E/2018 è stata l'occasione, poi, per riaffermare la tradizionale declinazione del criterio di cassa – che regola reddito di lavoro dipendente - secondo cui il momento di percezione di un benefit coincide con quello in cui esso fuoriesce dalla sfera patrimoniale dell'erogante per entrare in quella del dipendente. L'Agenzia precisa che qualora l'erogazione avvenga tramite voucher, il benefit si considera percepito dal dipendente nel momento in cui quest'ultimo riceve il titolo di legittimazione rappresentativo di una specifica utilità, a prescindere che tale utilità venga fruita in un momento successivo.
Allo stesso modo, in caso di sostituzione del premio di risultato con benefit, quest'ultimo si considera entrato nella disponibilità del dipendente nel momento in cui egli opta per la fruizione del benefit.

Bonus “80 euro”
Rammentiamo che le soglie reddituali per l'accesso al c.d. bonus 80 euro sono state incrementate. In particolare, in base al disposto normativo, il credito verrà integralmente riconosciuto nella misura di 960 euro annui (80 euro mensili) per i possessori di reddito complessivo non superiore a 24.600 euro. Nel caso in cui detto limite di reddito venga superato, il credito deve essere riconosciuto in misura via via decrescente, fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito complessivo pari a 26.600 euro.
In merito a tale fattispecie, la norma prevede infatti che il credito spetta per la parte corrispondete al rapporto tra l'importo di 26.600 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro.
Ricordiamo che il bonus in commento non costituisce una detrazione, sebbene la relativa disciplina sia stata inserita all'interno di una disposizione relativa alla detrazioni d'imposta, quale è per l'appunto l'art. 13 del TUIR. Si tratta piuttosto di un intervento di carattere assistenziale in senso lato rivolto a particolari categorie di contribuenti.
Carichi di famiglia
Mentre ricordiamo che la legge di Bilancio per il 2018 (cfr. articolo 1, commi 252-253) ha incrementato da 2.840,51 a 4.000 euro il limite di reddito complessivo per i figli a carico di età non superiore a 24 anni solo dal prossimo 1° gennaio 2019 – e, quindi, senza effetto per il conguaglio -, segnaliamo un ulteriore controllo da operare in relazione alle detrazioni per carichi di famiglia. L'innovazione proposta dalla Legge n. 76/2016 sulle unioni civili ha, infatti, incluso nella nozione di “coniuge” anche i soggetti del medesimo sesso legati da unione civile (art. 1, c. 20: “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio” e quelle “contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque, ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti, nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso”). La recente risoluzione n. 134/E/2017 ha precisato che non si applica lo stesso regime all'ulteriore codificazione operata dalla stessa legge del regime delle convivenze di fatto (art. 1, c. 3, “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile”). Nessuna agevolazione è, dunque, da riconoscere ai conviventi di fatto.
Ulteriore punto di attenzione riguarda il regime delle detrazioni a favore dei soggetti extracomunitari residenti, per i quali la legge finanziaria per il 2007, ai commi da 1325 a 1327, ha introdotto una specifica regolamentazione di richiesta delle detrazioni d'imposta per carichi di famiglia oggetto di una recente interpellanza parlamentare (n. 5-11483 del 6 giugno 2017 - presentata da Filippo BUSIN). Nella risposta, il Governo ha confermato la piena vigenza della norma che elenca la documentazione necessaria per fruire delle detrazioni per carichi di famiglia chiarendo che essa può essere alternativamente formata da: documentazione originale prodotta dall'autorità consolare del Paese d'origine, con traduzione in lingua italiana e asseverazione da parte del prefetto competente per territorio; documentazione con apposizione dell'apostille, per i soggetti provenienti da Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961; documentazione validamente formata dal Paese d'origine, ai sensi della normativa ivi vigente, tradotta in italiano e asseverata come conforme all'originale, dal consolato italiano nel paese di origine. E', altresì, precisato che «la richiesta di detrazione per gli anni successivi a quello di prima presentazione della documentazione di cui al comma 1325, deve essere accompagnata da dichiarazione che confermi il perdurare della situazione certificata, ovvero da una nuova documentazione, qualora i dati certificati debbano essere aggiornati».
Si rammenta che il riconoscimento delle detrazioni implica l'acquisizione del codice fiscale di ciascun famigliare da parte del sostituto d'imposta.
Con riferimento, invece, ai cittadini non residenti, dal 2014 (con attuazione nel 2015, DM 21 settembre 2015) è stato introdotto il nuovo comma 3bis nell'articolo 24, Tuir a favore dei soggetti “non residenti Schumacker”, vale a dire i residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) che assicuri un adeguato scambio di informazioni. A favore di tali soggetti, l'imposta dovuta è determinata sulla base delle disposizioni contenute negli articoli da 1 a 23 del TUIR, a condizione che il reddito prodotto dal soggetto in Italia sia pari almeno al 75 per cento del reddito dallo stesso complessivamente prodotto e che il medesimo soggetto non goda di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza.
In particolare, il successivo regolamento (D.M. 21 settembre 2015) ha previsto l'attribuzione delle detrazioni solo a soggetti residenti in Paesi appartenenti alla UE e allo Spazio SEE che assicurino un adeguato scambio di informazioni.
Sotto il profilo operativo, è possibile che le retribuzioni siano insufficienti a subire il prelievo corrispondente al “debito” di fine anno; a tal proposito, l'articolo 23, comma 3 del D.P.R. 600/73 permette al dipendente di scegliere tra versare al sostituto l'importo delle ritenute ancora dovute (in quanto eccedenti le retribuzioni interessate dalle operazioni di conguaglio), ovvero autorizzarlo ad effettuare il prelievo dell'eccedenza di imposta dovuta dalle retribuzioni dei periodi di paga successivi al 28 febbraio 2019.
In entrambe le ipotesi, la scelta del dipendente deve essere fatta per iscritto e, nel caso in cui venga effettuato il prelievo sulle retribuzioni dei periodi di paga successivi al 28 febbraio 2019, sugli importi di cui è differito il pagamento (a decorrere dalle retribuzioni corrisposte dal mese di marzo) si applica l'interesse in ragione dello 0,5% mensile (utilizzando il codice 1001), da trattenere e versare nei termini e con le modalità previste per le somme cui si riferisce.
Le operazioni di conguaglio di fine anno richiedono, poi, che il sostituto consideri anche l'addizionale regionale e l'addizionale comunale, di compartecipazione, relativamente ai comuni che ne abbiano deliberato la variazione.
Si rammenta che, in base a quanto previsto dall'articolo 8 del D.Lgs n. 175/2014, è stata uniformata per entrambi i tributi la data di riferimento del domicilio fiscale portandola dal 31 dicembre dell'anno a cui si riferisce l'addizionale stessa al 1° gennaio dello stesso anno.
Per quanto riguarda l'acconto dell'addizionale comunale, la stessa è dovuta con la stessa aliquota deliberata per l'anno precedente.

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